Forse esagerano a chiamarla “la storia più originale che la Dreamworks abbia mai portato al cinema” perchè non siamo troppo lontani da esperimenti simili fatti in passato da Katzenberg e perchè il modo con cui l’operazione è condotta ricorda altri film di successo, eppure da quel che è stato possibile vedere di Le 5 leggende allo special screening di Cannes, le aspettative sono subito diventate molto alte.

La storia è di William Joyce, già premiato con un Oscar al miglior corto animato, di lavoro autore di libri illustrati e per hobby penna e matita dietro tanta animazione di successo (i personaggi di Toy Story e A Bug’s Life, la storia di Robots e il libro da cui è stato tratto La famiglia Robinson) e allo script ha messo mano David Lindsay-Abaire, premio pulitzer per il lavoro per il suo dramma teatrale Rabbit Hole (poi diventato film anch’esso). Questo spiegamento di talenti si nota immediatamente, fin dalla prima scena che viene mostrata.

 

 

C’è Jack Frost, personaggio dell’immaginario popolare americano nonchè spirito dell’inverno, che nasce da un lago ghiacciato, viene a galla, rompe il ghiaccio e fluttua nell’aria attirato verso la Luna che, nonostante noi non possiamo sentire, gli parla. Subito dopo comprende i propri poteri in un balletto di gioia sul ghiaccio. Una scena bellissima.

Jack Frost, come sa chi ha seguito la genesi del progetto, è solo uno dei molti personaggi da narrazione popolare che al centro della storia.

Accanto a lui ci sono Babbo Natale (un fiero condottiero russo, doppiato da Alec Baldwin), il coniglietto pasquale (implacabile e solitario guerriero australiano, doppiato da Hugh Jackman), la fatina dei denti (una nevrotica e iperattiva maniaca del lavoro, doppiata da Isla Fisher) e Sandman (enigmatico uomo dei sogni che non parla mai ma si fa capire con le facce). Tutti sono uniti dalla minaccia appena giunta: boogeyman, ovvero l’uomo nero (doppiato da Jude Law) e dovranno prendere tra le loro fila proprio Jack Frost (doppiato da Chris Pine) che non ne vuole sapere di far parte di una squadra. Pare che l’effetto Avengers si sia fatto sentire anche prima dell’uscita del film stesso.

Dopo la genesi di Jack Frost è stata mostrata una scena d’azione in cui si comprende l’altro tema fondamentale del film, ovvero il fatto che queste creature, i guardiani dell’infanzia, esistono e acquistano potere dal fatto che i bambini credono in loro, meno ci credono peggio è. Nessuno crede in Jack Frost come del resto nell’uomo nero, anche perchè sono i genitori a cercare di convincere i bambini spaventati che egli non esista. Da qui parte tutto.

Vediamo Frost approcciato dal coniglio pasquale e poi trascinato al polo nord per la richiesta di unirsi agli altri e infine vediamo la partenza della slitta di Babbo Natale. Tutto ha un tono molto austero nonostante non manchi il classico umorismo da lungometraggio animato.

Babbo Natale in particolare si stacca dal coro, un personaggio ben scritto, complesso che unisce il fascino di potenza, stazza, autorità e carisma alla comicità del grottesco che ne consegue. Inoltre il personaggio è perfettamente doppiato da Baldwin che di lui ha detto: “E’ una specie di James Bond, è pieno di gadget” e che non ha mancato di ricordare come si tratti in fondo di “una justice league dell’infanzia”.

Infatti la sensazione di contaminazione con il tono dei film dei supereroi e con la scansione delle loro storie (genesi, coinvolgimento, scoperta di responsabilità, scontro finale) è forte ed è confermata dal regista Peter Ramsey, che racconta come proprio discutendo preliminarmente del film con il produttore Guillermo Del Toro (suona un campanello?) si sia presa questa decisione.

In chiusura si è visto il trailer ancora inedito, che riassume bene le componenti elencate sopra anche se non riesce a rendere quanto ammirato nella prima scena nottura, ovvero l’austera serietà del film. E probabilmente lo fa di proposito, quel genere di cose solleticano l’appassionato ma non riempiono le sale.