Okja di Bong Joon Ho e The Meyerowitz Stories di Noah Baumbach saranno in selezione ufficiale e nel concorso del Festival di Cannes come annunciato.

Nessun problema, le molte speculazioni e minacce che erano state ventilate non avranno nessun seguito.
Ma saranno gli ultimi film a non uscire in nemmeno una sala cinematografica francese che potranno far parte della selezione ufficiale del festival.

È stato il festival stesso a dover emettere nella giornata di oggi un comunicato stampa per precisare che i due film, distribuiti in esclusiva su Netflix, ci saranno come da programma, e nello stesso ha anche voluto annunciare che sarà l’ultima volta. La parola viene dal Board of Directors che è l’organo che prende le decisioni che contano a Cannes. Il Board è lo stesso che ha messo il veto alle serie tv nel festival (veto quest’anno sospeso per l’eccezionalità di due autori molto cari al festival come Jane Campion e David Lynch che hanno realizzato una serie tv molto attesa) e che ora sbarra le porte a Netflix e chiunque come Netflix non voglia concedere ai propri film anche un’uscita in sala.

Non è molto difficile vedere quale sia la ragione di una simile decisione. Il sistema cinema francese che spesso ci troviamo a decantare dalle nostre parti come migliore del nostro è intimamente legato, a tutti i livelli, con il sistema delle sale. È un circolo virtuoso di contributi all’esercizio, alla produzione e alla distribuzione che poi trova un buon riscontro nei film che vengono fatti e nella frequentazione dei cinema, ma non si può dire sia incline alle novità, specie se esterne al sistema stesso. Netflix nasce per scardinare le sale, per dimostrare la cosa che più di tutte non si può dire: il cinema non è la sala, i film non sono solo quelli proiettati.
Siccome il Festival di Cannes è inserito in questo sistema più grande, che è (vale la pena ricordarlo) un sistema tutto francese e nazionale, con poco interesse per quel che succede nel resto del mondo, allora si trova a dover combattere tutto ciò che ne minaccia l’equilibrio.

Accade così che a partire dal 2018 qualsiasi film voglia andare nella selezione ufficiale di Cannes dovrà avere una distribuzione in sala in Francia. Qualora Netflix lo volesse potrebbe distribuire i suoi film nei circa 190 paesi in cui è presente tramite la propria piattaforma ma gli basterebbe una piccola distribuzione sul suolo francese per essere ammesso. O potrebbe andare nella Quinzaine des realisateurs che (almeno al momento) essendo esterna alla selezione ufficiale non rientra nel bando. È probabile tuttavia che non gli interesserà fare anche questo piccolo passo per stare in un posto che, per un gigante come lui, non è di certo fondamentale.
È sicuramente più Cannes ad aver bisogno di Netflix che Netflix ad aver bisogno di Cannes, come del resto è Cannes a perdere, e molto, dal non accettare serie tv e non viceversa.

Arroccandosi su posizioni retroguardiste (e peraltro con un simile provincialismo!) il festival commette il peccato peggiore che un festival possa mai commettere: non intercettare la contemporaneità. Prendendo simili decisioni ha l’arroganza di dire “Questo è cinema e quest’altro no, e lo diciamo noi” quano il resto del mondo (cioè gli spettatori) dice il contrario.
Se un evento simile che si svolge una volta l’anno ha un senso è davvero mostrare l’evoluzione mentre è in corso, rappresentare lo spirito (del cinema) del tempo e accompagnare le varie evoluzioni nel bene o nel male. Il 3D è arrivato subito nei festival, c’è arrivata da poco la Realtà Virtuale e tutto quel che gli gira intorno. I grandi autori che cambiano i film a tutti i livelli, dal commerciale all’autoriale, ci passano. Non sappiamo se rimarranno per sempre ma oggi sono una realtà e un festival grandissimo deve riconoscerlo.

Saranno contenti Venezia e la Berlinale.

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