Qualche giorno fa, Uma Thurman ha scelto le pagine del New York Times per entrare nel dettaglio delle aggressioni sessuali perpetrate da Weinstein. Nell’articolo veniva anche accusata la sua ex agenzia (la prestigiosa CAA), rea di non aver fatto nulla, e il regista Quentin Tarantino colpevole di non aver fatto abbastanza per proteggerla da un incidente avvenuto sul set di Kill Bill quando venne costretta a guidare un’auto scassata su una strada dissestata finendo contro una palma e rimanendo ferita seriamente (il video dell’incidente, presente nell’articolo del NYT, è stato consegnato alla Thurman da Tarantino dopo 15 anni di richieste insistenti).

Come prevedibile, data l’oggettiva spinosità dell’argomento unita alla tempesta scatenata dal movimento #MeToo che, a fronte di una necessaria e doverosa presa di posizione verso la “tossicità” dell’ambiente lavorativo hollywoodiano, sta sostituendo i tribunali con le giurie social e i mostri sbattuti in prima pagina, il regista di Pulp Fiction e Djano Unchained è finito nell’occhio del ciclone. Sono state molte le testate, in Italia e non solo, ad aver ripreso la notizia al grido di “Quentin Tarantino ha cercato di uccidere Uma Thurman!” e via di questo passo.

È proprio per questa ragione che l’attrice ha dovuto riprendere parola su Instagram per chiarire la sua posizione nei confronti di un regista con la quale ha condiviso il successo cinematografico di pellicole acclamate da pubblico e critica.

Posto questa clip per commemorare la piena esposizione che ha ricevuto sul NYT grazie a Maureen Dowd. Le circostanze che hanno portato a questo incidente sono dovute a una negligenza che sfocia quasi nel criminale. Ma non penso che sia stato fatto con malizia. Quentin Tarantino era profondamente pentito e prova ancora oggi un grande rimorso per questo spiacevole fatto e mi ha dato il filmato anni dopo in maniera tale da permettermi di renderlo pubblico, di fargli vedere la luce del giorno, a prescindere dal fatto che si tratti di un evento per cui sarà impossibile ottenere giustizia. E mi ha fornito il filmato con la piena consapevolezza che tutto poteva ritorcersi contro di lui e, personalmente, sono molto orgogliosa della scelta che ha fatto e del coraggio che ha avuto. L’INSABBIAMENTO DEI FATTI avvenuto dopo è IMPERDONABILE. E di questo ritengo come unici responsabili Lawrence Bender, E. Bennett Walsh e il famigerato Harvey Weinstein.

Hanno mentito, distrutto le prove e continuato a mentire sul danno permanente che hanno causato e che hanno scelto di nascondere. L’insabbiamento aveva dei fini malevoli e la vergogna resterà su queste tre persone per sempre. La CAA non ha mai mandato nessuno in Messico. Spero che possano seguire i propri clienti con maggiore rispetto se, di fatto, vogliono fare con decenza il lavoro per cui vengono pagati.

Questo il post dell’attrice:

 

i post this clip to memorialize it’s full exposure in the nyt by Maureen Dowd. the circumstances of this event were negligent to the point of criminality. i do not believe though with malicious intent. Quentin Tarantino, was deeply regretful and remains remorseful about this sorry event, and gave me the footage years later so i could expose it and let it see the light of day, regardless of it most likely being an event for which justice will never be possible. he also did so with full knowledge it could cause him personal harm, and i am proud of him for doing the right thing and for his courage. THE COVER UP after the fact is UNFORGIVABLE. for this i hold Lawrence Bender, E. Bennett Walsh, and the notorious Harvey Weinstein solely responsible. they lied, destroyed evidence, and continue to lie about the permanent harm they caused and then chose to suppress. the cover up did have malicious intent, and shame on these three for all eternity. CAA never sent anyone to Mexico. i hope they look after other clients more respectfully if they in fact want to do the job for which they take money with any decency.

Un post condiviso da Uma Thurman (@ithurman) in data:

 

Nel mentre, Deadline ha dato spazio a uno dei diretti interessati (cosa che il magazine online ha fatto anche qualche settimana fa con Michael Douglas, uscito a testa alta da accuse di molestie che ha rigettato e contestato prima che venissero pubblicate su autorevoli testate).

Quentin Tarantino non si è sottratto a nessuna domanda, neanche a quelle più scomode relative ai “sadici soffocamenti con catene e agli sputi in faccia” e ai “danni” subiti da Uma Thurman e Diane Kruger (di cui parleremo in un altro articolo) per la realizzazione di alcune scene di Kill Bill e Bastardi Senza Gloria.

Ecco alcuni passaggi salienti dell’intervista:

Qual è stata la tua reazione iniziale quando hai letto il pezzo di Maureen Dowd?

Sapevo che il pezzo sarebbe stato pubblicato. Uma e io avevamo parlato, per un sacco di tempo, di come avrebbe gestito la cosa. Voleva ottenere chiarezza, anche a distanza di anni, sull’incidente automobilistico accaduto. Mi ha chiesto “Posso avere le riprese?”. Dovevo ritrovarlo, dopo 15 anni. Abbiamo dovuto cercarlo in magazzini, svuotando scatoloni su scatoloni. L’ha ritrovato Shannon McIntosh. Non riuscivo a crederci. Non pensavo che ci saremmo davvero riusciti. Era molto chiaro e mostrava sia lo schianto che le sue conseguenze. Sono stato molto felice di riuscire a darlo a Uma. Il punto è questo: Uma voleva incriminare delle persone, quelle che hanno insabbiato il tutto. Parte del mio lavoro consisteva nel rilasciare un’intervista a Maureen Dowd e confermare le accuse di Uma. Ma non ci siamo mai incontrati. Intendo io e Maureen Dowd. Ho letto il pezzo e, fondamentalmente, pareva che tutti i colpevoli fossero tutelati legalmente. Non potevano neanche essere nominati. E attraverso la prosa della Dowd mi sono beccato tutta la colpa.

Hai visto il filmato pubblicato nel pezzo. Quali sono state le tue reazioni?

L’ho visto quando l’abbiamo ritrovato, quindi per me era storia vecchia. Vederlo nel pezzo non mi ha fatto nulla e, anzi, permettimi di chiarire quello che c’è da chiarire sull’incidente.

Lo ricordo molto bene, era uno degli ultimi giorni di riprese e, fino a quel momento, era stata una gran giornata. Era il secondo giorno di riprese della scena di Michael Parks, la scena Esteban Vihaio. Era straordinario in quel passaggio, così come Uma. La scena di guida doveva, letteramente, essere l’ultima della giornata. Avevamo finito la l’altra ed eravamo tutti molto felici. Era in questo dubbio localaccio messicano, molto emozionante. Sul set con noi avevamo anche un reporter del New Yorker, Larissa MacFarquhar, che stava quasi per accompagnarci ad assistere alla ripresa ma che, visto che era l’ultima e nessuno di noi pensava che dovesse essere chissà cosa, è andata a casa.

Il production manager mi aveva detto che Uma era in ansia per una scena che nessuno di noi aveva mai considerato come uno stunt. Si trattava solo di guidare. Magari avremmo dovuto considerarla come uno stunt, ma non l’abbiamo fatto. Sono sicuro che quando la questione mi è stata posta, avrò alzato irritato gli occhi al cielo. Ma di sicuro non ero infuriato e livido di rabbia.  Non sono “esploso” nella roulotte di Uma, gridandole in faccia di “andare in macchina!”. Posso immaginare che avrò rigirato infastidito gli occhi al cielo pensando ai soldi spesi per modificare la vettura per una singola ripresa. E poi, se conosci Uma, sai bene che piombare nella sua roulotte e urlarle addosso ordini non è la maniera migliore per convincerla a fare qualcosa. Una pessima tattica. Poi a quel punto stavamo già girando da un anno. Non mi sarei mai rivolto a lei in quella maniera.

Quello che è successo è che ho dato ascolto alle sue ansie. Nonostante avessimo preparato già tutto per la scena, l’ho ascoltata. Ciò che ho fatto a quel punto è stato guidare lungo questa strada, questa piccola stradina messicana con del fogliame da entrambi i lati. Ho guidato sperando che sarebbe stato semplice e sicuro a sufficienza per la guida di Uma. Andavamo giù per la strada, la osservavo e pensavo che sarebbe tutto andato per il verso giusto. Era tutto dritto. Nessuno strano avvallamento, nessun dosso, nessuna chicane nascosta. Niente del genere.

Uma aveva la patente. Sapevo che non era una guidatrice provetta, ma aveva la patente. Quando avevo finito di guidare ero tutto contento perché pensavo che ce l’avrebbe fatta, non sarebbe stato un problema per lei. Me ne vado nella sua roulotte, c’era anche la sua truccatrice, Ilona Herman. Ed ero tutto fuorché arrabbiato e livido di rabbia, ero tutto sorridente. Le ho detto “Uma, andrà bene, sei assolutamente in grado di farlo, è una strada dritta. Ti metti alla guida e vai semplicemente dal punto 1 al punto 2 e avrai fatto”.

Doveva guidare a 30-45 miglia orarie al massimo, quel tanto che bastava per farle muovere i capelli al vento. Con tutto il fogliame ai lati, avremmo ottenuto l’effetto ottico di una maggiore velocità, i 35 sarebbero sembrati 60. E non c’erano ostacoli, era tutto dritto. Tutto contento, le ho detto che poteva farcela proprio perché la strada era agevole e lei si è fidata di me fondamentalmente perché credeva in me e mi ha detto “Ok”. Le ho confermato che sarebbe stata al sicuro. Ma così non è stato. Mi sono sbagliato. Ma non l’ho fatta entrare con la forza nella vettura. Ci è entrata perché si fidava di me.

Ed è stato deciso che sarebbe andata lei alla guida. Non ho mai sentito nulla circa un “tizio dei trasporti” che ci aveva messo in guardia in materia di sicurezza dell’auto. Sarebbe stato strano sentire qualcosa del genere da un responsabile dei veicoli, perché sono loro, in primis, i responsabili della consegna di mezzi sicuri. E se qualcuno di quel dipartimento aveva qualcosa da comunicare circa una vettura che non rispondeva a tutte le norme di sicurezza, doveva dirlo innanzitutto al primo assistente alla regia (di fatto, il responsabile di quello che accade “sul terreno” di un set, ndr.), al production manager o al produttore stesso. Quindi Uma va a prepararsi. Dopo il mio test della strada vado da lei, che è pronta a lavorare dal punto 1. Arrivo e si palesa una questione. Sarebbe stato ok guidare la macchina in senso di marcia opposto? Era quasi il tramonto e la luce sarebbe stata migliore. Sto tirando a indovinare, ma diciamo che la macchina doveva andare da est a ovest. Si poteva andare da ovest a est? Non sarebbe cambiato nulla, una strada dritta è una strada dritta. E abbiamo modificato: il punto 1 è diventato il 2 e viceversa. Ed è qui che è cominciato tutto, è questo che ha dato il via all’incidente.

Hai provato la strada in un senso e hai girato in un altro. Dal video pare che ci sia una curva proprio prima del punto in cui c’è stato l’impatto.

È esattamente quello che è avvenuto. Ho pensato “Una strada dritta è una strada dritta, non c’è bisogno di farla anche nell’altro verso per constatare che non ci sono differenze”. E, ripeto, è uno dei più grandi rimpianti della mia vita. Quando lavori come regista impari sempre delle cose e a volte le apprendi tramite terribili sbagli. E quello è stato uno dei più gravi, orribili errori della mia vita, non mi sono preso il tempo necessario per rifare la strada nell’altro verso, per avere la certezza di una doppia verifica.

Uma di ottimo umore. Abbiamo girato la scena. Ed è andata a sbattere. All’inizio nessuno aveva capito bene cosa fosse successo. Dopo l’incidente, quando Uma è andata in ospedale, ero in preda all’angoscia per quanto accaduto. Ho fatto la strada in direzione opposta e, nel percorrerla in quel senso… non avevo idea che una strada dritta potesse essere diversa nell’altro senso di marcia, c’era questa mini curva a S che quasi apriva una piccola biforcazione. Che non sembrava tale nell’altro verso.

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