Last Action Hero è la fine di un’era, il film che ha chiuso la quasi decade dell’edonismo reaganiano nel cinema d’azione (1984-1993) o, se vogliamo chiamarlo in un altro modo, del cinema d’azione anni ‘80 inteso non come un periodo ma come un genere a sé.

La storia, la resa, i protagonisti, il suo essere un film metacinematografico, e il suo successo tiepido rispetto alle aspettative (costato 80 milioni ne incassò 130 in tutto il mondo di cui solo 50 in America, anche per una serie di clamorosi errori nella strategia distributiva), concorrono a etichettarlo come l’ultimo film d’azione che voleva essere creato secondo quei canoni e contemporaneamente il primo di una nuova era: autoironico, dichiaratamente esagerato, ripiegato verso un pubblico più familiare, molto poco serio con l’azione.

Venticinque anni fa, oggi, usciva in Italia e la trama raccontava di un bambino che con un biglietto magico entra dentro un film d’azione. In quel mondo in cui ogni sparo è un colpo di striscio, in cui...