Iron Man 3, il Canto di Natale di Shane Black

Era un fuoco meschino; meno di niente in una notte come quella. Dovette accostarvisi dappresso e quasi covarlo, prima di spremerne il menomo calore. Il caminetto decrepito era stato costruito tanti anni fa da qualche mercante olandese con intorno un ammattonato fiammingo tutto pieno de’ fatti della Storia Sacra. Ci erano de’ Caini e degli Abeli; figlie de’ Faraoni, regine di Saba, messi celesti calanti per l’aria sopra nuvole a foggia di piumini, Abrami, Baldassarri, Apostoli che salpavano in tante salsiere, centinaia di figure da attrarre i suoi pensieri. Eppure, quel cosiffatto viso di Marley, morto da sette anni, veniva come la verga dell’antico profeta ad ingoiare ogni cosa. Se ciascuno di quei mattoni vetriati fosse stato bianco e capace di riprodurre una figura fatta dai minuzzoli de’ pensieri di lui, si sarebbero viste senza meno altrettante facce del vecchio Marley.

Sciocchezze! disse Scrooge; e si diede a passeggiare su e giù per la camera.

Il Canto di Natale, di Charles Dickens

Scrivere per mesi e mesi, anzi, facciamo anni, di un film, seguendone passo passo la lavorazione con gli aggiornamenti ufficiosi e ufficiali, roba spoilerosa potenzialmente, materiali che potrebbero portarti a ricostruire mentalmente la pellicola con tanto di effetti in post-produzione aggiunti dal tuo cervello, senza per questo rovinarti la sorpresa di vedere poi il prodotto finito sul grande schermo grazie al muro di segretezza dei Marvel Studios.

E rischiare di veder tutto vanificato per colpa di Virgin Radio e di quello che, a tutt’oggi, non so se fosse realmente uno spoiler sulla trama del film. Non ho voluto rischiare.

L’altra mattina “ero chiuso in mezzo al traffico bestiale”, tanto per citare il glorioso Gerry Scotti di anni e anni fa, e a un certo punto lo speaker della radio, o la speaker neanche ricordo con precisione perché lo shock è ancora troppo fresco, inizia a proferire le seguenti parole: “Esce oggi nei cinema Iron Man 3, la nuova avventura del supereore Marvel che lo vedrà contrapposto al Mandarino di Ben Kinglsey che in realtà è….”.

Il mio scatto verso l’interruttore dell’autoradio è stato così rapido, felino che se fossi stato in autostrada al posto che in una poco trafficata via cittadina, probabilmente avrei dato vita a uno di quegli incidenti a catena, quelle carambole interminabili con autocarri che volano ovunque, mamme che fuggono coi loro bambini e gigantesche esplosioni sullo sfondo come nei film di Michael Bay.

Ok, forse sto ingigantendo troppo la cosa, ma la fantasia tende a volare e ultimamente la mia sindrome da fuga dalla realtà in stile John Dorian sta aumentando nuovamente.

Iron Man 3, dicevamo.

Di questo film su BadTaste avete già letto di tutto e di più. La recensione di Andrea Francesco e quella di Gabriele, la videorecensione con Francesco Alò e il commento a caldo post-anteprima stampa di Andrea Francesco e l’amico Leo Truman di ScreenWeek.

Fiumi di parole (copyight Jalisse) in gran quantità.

 

 

Siccome però di spazio sul web ne abbiamo in gran quantità e visto che diverse persone mi hanno chiesto via Twitter, Facebook, posta via Gufo, telegramma e segnali di fumo un parere su questa terza avventura, la prima post The Avengers, di Tony Stark, mi sembrava scortese non rispondere.

Anche perché sono i lettori che danno un senso a quello che io e i miei colleghi scriviamo ogni giorno evitando che il tutto si trasformi in uno sterile parlarsi addosso.

Poi, insomma, Shane Black ci fa festeggiare il Natale a fine aprile, ci fa vedere Jon Favreau conciato come Vincent Vega di Pulp Fiction, ci ricorda di quando la musica dance italiana era ancora in grado di conquistare le classifiche di tutto il mondo affidando il commento sonoro d’apertura di un film che incasserà fantastiliardi in tutto il mondo a un brano composto da un Dj torinese, un musicista di Asti e un cantante di Lentini.

Cose belle, come direbbe Mio Cugino Vincenzo. Adesso al massimo riusciamo a conquistare la Kamchatka in una partita a Risiko, e poi per pura fortuna.

Soprattutto però rende abbastanza palese di come Kevin Feige and co. siano (quasi) sempre in grado di scegliere l’uomo giusto, al momento giusto per il film giusto.

Già, perché il Tony Stark di Iron Man 3 è un reduce, una vittima di disturbo post-traumatico da stress, uno che prima era abituato a fare le tacche sul manico del coltello per tenere il conto delle donne che si portava a letto e che adesso potrebbe fare a gara col Bill Murray di Tutte le Manie di Bob.

Yo listen up here’s a story
About a little guy that lives in a blue world
And all day and all night and everything he sees
Is just blue
Like him inside and outside

Ascoltare Blue (Da Ba Dee) degli Eiffel 65, mentre scorre sullo schermo il logo della Marvel ti va venir voglia di alzarti e mettere la mano destra sul cuore in segno d’amor patrio anche se in realtà, quando la canzone in esame raggiungeva i vertici delle chart internazionali, la snobbavo da autentico ventenne che “cioè, ma tu ascolti’sta roba qua? No, dai, se non ha comprato l’ultimo dei Nine Inch Nails, dei Chemical Brothers e se non sai chi sono gli Einstürzende Neubauten con te neanche ci parlo”. Ora, in data 27 aprile 2013, non faccio altro che canticchiare l’hit degli Eiffel 65 da 3 giorni consecutivi, mentre i Cd degli Einstürzende sono ricoperti dalla polvere del tempo.

Tony Stark è diventato un disadattato, dicevo. Come il sergente della narcotici Martin Riggs del primo Arma Letale. Che ancora oggi viene ricordato come un dei punti più alti dell’action poliziesco anni ottanta . Shane Black aveva solo 26 anni quando ha scritto la sceneggiatura del primo capitolo di una delle saghe più fortunate degli anni ottanta e novanta. E pare non essere guarito dalla fissazione coi vivai di abeti.

Riggs aveva una condotta poco prevedibile perché non si era ripreso dalla perdita della moglie morta in un incidente stradale.

Stark deve combattere con i demoni nati dall’essersi spinto attraverso un portale inter-dimensionale rischiando la sua stessa vita per la salvezza del pianeta nel finale di The Avengers. Da donnaiolo viveur diventato supereroe, a super paranoico insonne in preda agli attacchi di panico. Il logorio della vita moderna non risparmia nessuno, specie i salvatori dell’Umanità.

Per riprendersi da un trauma del genere, un genio/miliardario/filantropo come Tony Stark deve intraprendere necessariamente un viaggio di privazione e riscatto simile a quello del primo, riuscitissimo episodio diretto da Jon Favreau.

Solo che la buia grotta del deserto mediorientale di Iron Man viene sostituita dal nevoso Tennessee rurale addobbato per le feste di dicembre.

Perché, fondamentalmente, Iron Man 3 è come il Canto di Natale di Dickens riletto in maniera iconoclasta da Shane Black. Uno che con la festività in questione ha una vera e propria fissa, visto che diverse sue sceneggiature – nonché il suo esordio alla regia, quella geniale crime-comedy intitolata Kiss Kiss Bang Bang sempre interpretata da Robert Downey Jr. – si svolgono in questo periodo dell’anno.

Tony Stark, nell’arco delle due ore abbondanti di film, affronta tutti i fantasmi della sua vita: gli spettri del Natale (si, Capodanno in realtà, ma poco importa) passato, quelli del Natale presente e quelli dei Natali futuri realizzando quello che davvero conta per l’uomo dentro l’armatura.

Un punto di arrivo necessario – dalla Fase Uno dell’Universo Cinematografico della Marvel – e allo stesso tempo di partenza – per la Fase Due della medesima – gestito con destrezza da Shane Black e Drew Pearce, suo collega alla sceneggiatura.

Le questioni che potevano venire sollevate dopo l’invasione di New York da parte dei Chitauri guidati da Loki vengono risolte e affrontate a viso aperto, con tanti di “inside jokes” davvero divertenti e nerd e, finalmente, dopo il deludente Iron Monger del primo film e il poco sfruttato Whiplash del secondo, abbiamo qua non uno, bensì due villain che, finalmente, tengono testa al nostro eroe, tanto sul piano fisico, quanto su quello più strettamente mentale ed emotivo.

A tal proposito ho trovato davvero interessante notare come, in maniera inaspettata, il Mandarino di Ben Kinglsey vada a dialogare direttamente con l’ossessione americana post 11 settembre di un nemico tanto esposto mediaticamente, quanto celato, per lungo tempo, all’Intelligence. Nulla di cupo e dark, i registri nolaniani non abitano da queste parti, ma è una deriva Zero Dark Iron Man che non mi sarei mai aspettato.

Certo, sono perfettamente consapevole che l’interpretazione che del villain viene data in questo film non mancherà di far accapponare la pelle ai fan più intransigenti, ai talebani della filologia fumettistica, ma, ehi, i tempi cambiano, cinema e fumetti sono media differenti e, soprattutto, immaginarmi la trollface di Kevin Feige è quasi più gudurioso della fantastica giostra cinefumettistica manovrata da mr. Black.

E’ un piacere constatare come le vibrazioni positive che ho provato quando era stato annunciato il nome del filmmaker che avrebbe diretto il blockbuster siano poi state confermate sul banco di prova della sala cinematografica, come già avvenuto l’anno scorso col trionfale The Avengers di Joss Whedon.

Poi, e qua mi ricollego al discorso fatto un anno fa proprio a proposito di quel favoloso e nobile esempio di cinema popolare capace di guadagnare un miliardo e mezzo di dollari in tutto il globo, non posso non essere affascinato, come spettatore prima ancora che come addetto al settore, dalla forza dirompente con cui la Marvel, più di ogni altro protagonista dell’industria dell’intrattenimento cinematografico, abbia riportato in auge più di ogni altro competitor la serialità cinematografica. Serialità inutilmente vituperata da alcuni, ma che invece, i 50 anni di James Bond lo dimostrano, al pubblico piace se condotta con criterio e rispetto nei confronti del fruitore finale. E Il Canto di Natale di Shane Black s’inserisce in modo esemplare in un solco tracciato, inizialmente, da Jon Favreau e destinato a proseguire ancora a lungo.

Ma questo andare incontro ai favori del grande pubblico, il tradimento ai danni degli esegeti marveliani di lungo corso, viene ripagato da momenti che danno a quella fetta di pubblico più geek, più assetata di spettacolarità ciò di cui ha bisogno dopo gli “showdown finali” di Iron Man 1&2. Quando Tony chiama a raccolta il suo esercito di MARK per combattere contro i soldati Extremis, il nerdgasm è assicurato.

Con gli Spiriti non ebbe più da fare; ma se ne rifece con gli uomini. E di lui fu sempre detto che non c’era uomo al mondo che sapesse così bene festeggiare il Natale. Così lo stesso si dica di noi, di tutti noi e di ciascuno! E così, come Tiny Tim diceva: “Dio ci protegga tutti e ci benedica”.