Il rapporto di Alan Moore con l’industria dello spettacolo non è mai stato rosa e fiori e già un paio di anni fa, parlando dei cinecomic e dei film dedicati ai supereroi, aveva detto senza mezzi termini che “hanno portato il cinema alla rovina”.

Riassumendo, il papà di Watchmen, V per Vendetta e From Hell sosteneva:

  • Di non vedere un film di supereroi dal primo Batman di Tim Burton. 
  • Che, come riportato un paio di righe più sù, i film di supereroi hanno “portato alla rovina il cinema, e per certi versi hanno anche portato alla rovina la cultura”.
  • Accusato le produzioni di Hollywood di avere rubato i personaggi dai loro autori.
  • Si è riconosciuto come responsabile dell’apparente cambiamento in senso maturo del fumetto.

Ed eccoci arrivare all’oggi e alla nuova intervista che Alan Moore ha rilasciato al Guardian durante la quale ha, sostanzialmente, ribadito lo stesso concetto rincarando la dose.

Centinaia di migliaia di adulti si mettono in fila per guardare personaggi e situazioni che sono stati creati per intrattenere dei dodicenni di sesso maschile di 50 anni fa. Non pensavo davvero che i supereroi fossero una cosa da adulti. Un fraintendimento nato da quello che è accaduto negli anni ottanta – per cui devo assumermi una buona parte di colpa anche se è stato qualcosa che ho fatto in maniera non intenzionale – quando opere come Watchmen sono apparse per la prima volta. C’è stato un aberrante quantitativo di titoli strillati che sostenevano “I fumetti sono cresciuti”. Ma tendo a ritenere che no, i fumetti non sono cresciuti. C’era qualche titolo che tendeva ad essere più adulto del solito. Ma la maggior parte di essi… era la stessa roba di sempre. Non erano i fumetti che stavano crescendo. Si è trattato più dell’incontro fra i fumetti che incontravano l’età emotiva del pubblico che andava in direzione opposta. Ho già detto nel 2011 che pensavo che avrebbe avuto delle implicazioni serie e preoccupanti per il futuro il fatto che milioni di adulti si mettessero in fila per vedere i film di Batman. Perché quel genere d’infantilizzazione – quella spinta verso tempi e realtà più semplici – può spesso essere una precorritrice del fascismo.

Alan Moore ammette però di provare una certa “simpatia” verso chi utilizza la maschera di Guy Fawkes resa iconica dal suo V per Vendetta come simbolo di protesta:

Non posso approvare tutto quello che le persone che vedono un’icona in quella maschera potrebbero fare in futuro, questo è chiaro. Ma sono rincuorato che sia stata adottata in lungo e in largo dai movimenti di protesta in tutto il mondo. Perché oggi più che mai abbiamo bisogno di movimenti di protesta.

Certo, verrebbe da dire, sembra essere del tutto secondario in questo caso il fatto che la popolarità della maschera di Guy Fawkes negli ultimi 15 anni abbondanti si debba sì a V per Vendetta. Ma al film prodotto dalle sorelle Wachowski più che al fumetto di Alan Moore e David Lloyd.

FONTE: The Guardian

Approfondimenti sui Marvel Studios

Classifiche consigliate