Un paio di film di vampiri d’autore (tra cui The Train to Busan, il cui pedigree coreano lascia ben sperare) e il cannibal movie, o almeno così l’ha introdotto Fremaux, di Nicolas Winding Refn intitolato The Neon Demon, più nessun italiano in concorso e una pletora di nomi arcinoti. Questo quello che c’è stato di più sorprendente nella conferenza in cui il Festival di Cannes ha spiattellato le sue carte per l’edizione numero 69.

Come ogni anno ci sono alcuni dei nomi più grandi del cinema mondiale al festival di Cannes, non troppi americani e un esiguo numero di francesi (per essere Cannes). Più dell’anno scorso troviamo filmografia diverse dalla Romania, alla Corea, al Giappone fino al ritorno della Germania in concorso. Di certo, nonostante Fremaux nell’annunciare Xavier Dolan e il suo nuovo film Juste La Fin Du Monde abbia precisato che “è solo la seconda volta che viene in concorso. Non dite che chiamiamo sempre gli stessi”, ci sono gli irrinunciabili. Solo poco dopo infatti ha annunciato la presenza dei fratelli Dardenne, Assayas, Ken Loach o Christian Mungiu, cineasti che paiono esistere solo in quel festival.

Non c’è stato invece, come ampiamente previsto, l’annuncio di Martin Scorsese e il suo Silence, in parola per il festival di New York pare.

Invece fa davvero piacere scovare nel concorso una regista come Andrea Arnold con il suo primo film americano, American Honey, fa piacere ritrovare l’immenso Paul Verhoeven con un thriller su una casa di videogiochi, Elle, e c’è acquolina in bocca per Agassi di Park Chan-Wook (il tennista non c’entra, è il titolo coreano) come per il nuovo film da regista di Sean Penn dopo due prove solidissime come Into The Wild e La promessa. Se è di qualche indicazione per la qualità l’inserimento in concorso invece che fuori concorso, si può invece sperare per Julieta di Pedro Almodovar. Di certo si riderà con Nice Guys di Shane Black e si andrà in chiesa per un nuovo film del grandissimo Hirokazu Kore-eda.

Insomma al netto dei soliti noti (meno di quanto sì pensasse ad essere sinceri) e di una presenza americana ridotta che però si farà notare tantissimo con l’anteprima di Il Grande Gigante Gentile di Spielberg e di Cafè Society di Woody Allen fuori concorso, quest’edizione 2016 sembra dedicata realmente ai cineasti più nuovi. Il che non significa sconosciuti, o quantomeno non solo, ma nomi che sono già una garanzia con pochi film alle spalle.

Non ci lasciamo ingannare dai due film di vampiri e il cannibal movie di Refn (componente molto sottolineata da Fremaux), sappiamo bene che la presenza di un vampiro non fa un film di vampiri e che la selezione ufficiale non ama il genere puro. È più probabile qualcosa come Solo gli amanti sopravvivono di Jarmusch piuttosto che i film duri che invece è la Quinzaine (i cui film saranno svelati tra pochi giorni) a presentare di solito.

E proprio alla Quinzaine sono affidate le ultime speranze italiane. Pare scontata la presenza di La pazza gioia di Paolo Virzì mentre si spera sia per l’ultimo film di Claudio Giovannesi sia per il nuovo film di Kim Rossi Stuart.
In ogni caso i molti piagnistei sulla decadenza del cinema italiano che già sembra di poter sentire non hanno ragion d’essere. Con un po’ più di un pugno di grandi autori riconosciuti, stimati e premiati, un cinema d’autore molto sano e anche discretamente rinnovato, oltre ad una presenza massiccia l’anno scorso, possiamo stare tranquilli quest’anno in cui abbiamo vinto l’Orso d’Oro con Fuocoammare e, Bellocchio a parte, non avevamo nulla di pronto (o di valevole) da sottoporre al festival e in cui comunque è stato preso per la sezione Un certain regard un film come Pericle il Nero.

Alle volte, semplicemente, tutti i titoli migliori si concentrano nella medesima annata.

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