Dopo l’incredibile successo d’Independence Day nel 1996, preceduto dall’antipasto di Bad Boys, la carriera cinematografica di Will Smith era in piena esplosione dopo aver già conquistato il piccolo schermo con la leggendaria sitcom Willy, il principe di BelAir (The Fresh Prince of Bel-Air).

Ma negli anni ’90, il kolossal sci-fi di Roland Emmerich non fu l’unico lungometraggio di carattere fantascientifico sbanca botteghino a cui Will Smith prese parte: l’anno successivo, insieme a Tommy Lee Jones, figurava anche nel cast di Men in black, film di Barry Sonnenfeld prodotto dalla Sony e dalla Amblin di Steven Spielberg che incassò quasi 600 milioni di dollari a fronte di un budget di circa 90 (i dati non sono, chiaramente, aggiornati all’inflazione).

Eppure, come noto, inizialmente Will Smith non voleva partecipare a Men in black perché non pensava che recitare consecutivamente in due pellicole sci-fi non avrebbe giovato alla sua carriera. Ma, fortunatamente, a curare i suoi interessi c’era il suo ex lungimirante manager e storico socio in affari James Lassiter. Ospite di Kevin Hart allo show proposto da Peacock Hart to Hart, la star spiega che Lassiter è stato il vero e proprio “arbitro del buongusto” nella scelta dei film che avrebbe poi fatto:

Nel mio periodo d’oro, dei 10 film che ho realizzato al culmine della mia carriera era JL a sceglierli. Aveva semplicemente un occhio incredibile per queste cose: io, ad esempio, non volevo fare La ricerca della felicità. Non volevo fare Ali. Ed è stato JL a scegliere Men in Black. In un certo senso, avevo capito Men in Black, ma non volevo farlo. Non volevo fare due sci-fi uno di seguito all’altro.

Chiaramente, spiega Will Smith, fu estremamente fondamentale l’opera di convincimento fatta da Steven Spielberg, produttore della pellicola:

Steven Spielberg ha mandato un elicottero a prendermi. Ero a New York. Voleva parlarmi. L’elicottero è atterrato a casa sua. Ero suo già al ciao. Ed è stata la prima volta che ho bevuto limonata con acqua gassata. Non puoi dire di no a una cosa del genere.

Poi racconta con ironia:

Lui ha detto una cosa molto fredda. Mi ha domandato: “Dimmi, spiegami: perché non vuoi fare il mio film”. Lui era il produttore. E ha messo i puntini di sospensione alla fine della frase, i puntini, puntini, puntini. Se avesse continuato, avrebbe detto: “Sai caro il mio mattacchione, io ho fatto Lo squalo, lo sai? Ho fatto E.T”.

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FONTE: via The Hollywood Reporter

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