Forse se faccio questo grosso film di supereroi poi riuscirò a girare Baby Driver…” questo è quello che oggi, a Roma, Edgar Wright ha raccontato di aver pensato mentre preparava Ant-Man, almeno prima che la Marvel chiedesse una riscrittura del suo script e quindi che lui fosse messo nella condizione di decidere se lasciare la produzione o fare il regista di una sceneggiatura altrui: “L’ironia è che non ho fatto quel film lì, eppure poi ho fatto comunque Baby Driver. Lieto fine per tutti”.

Era veramente tranquillo Wright, arrivato da noi a poco dall’uscita del film in sala e a qualche settimana dall’incontro con Kevin Spacey, ha subito definito (giustamente) Baby Driver come il suo film di maggiore incasso fino ad ora. Noi poi sappiamo che è anche uno di quelli che ha cullato più a lungo e a cui tiene di più. Specie dopo che la débacle di Ant-Man che sembrava avergli tagliato le gambe:

Ero molto fiero della sceneggiatura che avevo scritto per Ant-Man e mi era stato detto che non potevo girare quello script. A quel punto è stata una decisione difficile ma o facevo solo il regista o non lo facevo proprio. Ho sempre scritto e diretto tutti i miei lavori, non voglio essere un regista in affitto. Quindi anche se è stata una scelta dura andarsene, è stata la cosa giusta da fare. Non ho rimpianti, specie ora che ho fatto Baby Driver”.

I suoi film fino ad ora hanno avuto sempre dei finali eccezionali, momenti sorprendenti ed estremamente significativi. Baby Driver in questo senso è molto più convenzionale. È stato sempre quello il finale o ne aveva altri in mente?

Sì è sempre stato quello il finale. Volevo proprio un finale morale, invece lo studio desiderava che il protagonista la facesse franca punto e basta. Io volevo che si prendesse le sue responsabilità. Del resto anche i film americani di gangster degli anni ‘30 si chiudevano in maniera etica. È qualcosa a cui tengo perché il contrario non mi ha mai convinto, anche quando ero piccolo e vedevo il criminale protagonista farla franca alla fine mi chiedevo cosa accadesse anche solo 15 minuti dopo la fine del film”.

edgar-wright-bill-pope-baby-driver

Ci sono registi che lavorano con gli studios, ci sono gli indipendenti, poi quelli come Scorsese che ora si vogliono spostare su Netflix e quelli come Soderbergh che cercano di mettere a punto un proprio sistema autarchico. Lei che tipo è?

Spesso vengo definito un regista indie ma in realtà tutti i miei film prima di questo erano realizzati con i soldi della Universal e questo invece l’ha prodotto la Sony. Molti registi fanno un film per gli studios e uno per sé, io invece credo che il trucco sia fare film solo per sé mascherati da film per gli studios. Ho trovato la mia maniera di realizzare film mainstream che però contengano anche le idiosincrasie del cinema più di nicchia; buoni per un pubblico ampio ma dotati di aspetti che non sono attesi. È un approccio da Cavallo di Troia: presentare le tue idee più strane con una confezione molto commerciale. Poi accade che un film come Scott Pilgrim non vada come poteva andare, il pubblico più generalista non l’ha amato subito, dal trailer, quello di nicchia invece sì”.

È stato complicato gestire un cast così ampio e pieno di star?

No assolutamente. Il problema con i grandi cast è che finiscono per fare tutti solo dei cammeo, invece in questo film li hai tutti nella stessa stanza per diverse scene. Ogni volta che vedevo un’inquadratura con Kevin Spacey e Jamie Foxx insieme sussurravo al mio operatore: “Occhio! È un’inquadratura a doppio Oscar!”. E poi questi grandissimi attori sono l’uno fan dell’altro. Quando c’era in scena Kevin Spacey capitava che Jamie Foxx rimanesse sul set anche se non toccava a lui, per guardare Kevin. Si metteva in un angolo come con i popcorn. Ogni tanto capitava pure a me di avere un’esperienza fuori dal corpo e godermeli come uno spettatore già sul set”.

Baby racchiude in sé tutti i personaggi dei suoi film precedenti ma sembra più consapevole del tipo di film in cui si trova…

Tutti i miei film sono un po’ dei coming of age e Baby Driver è un po’ il contrario, perché Baby all’inizio del film è un criminale e aspira a tornare ad una vita normale. Negli altri film invece c’erano personaggi che diventano eroi, lui a 20 anni è già un professionista del suo settore e vuole crescere in altre parti della sua vita”.

Come ha scritto questo film? La musica è venuta prima o dopo?

Prima. Non scrivevo una scena senza la canzone giusta, e se avevo diverse canzoni in testa non iniziavo fino a che non avevo scelto quale usare. Quindi alla fine della scrittura avevo il 90% della soundtrack decisa, a quel punto facevo lo storyboard di tutto con i tempi precisi calcolati con la musica e nelle prove con gli attori potevamo lavorare già con le canzoni. Il punto quindi è che le canzoni che senti nel film sono state suonate sul set e gli attori le ascoltavano mentre recitavano. Non sono sono state aggiunte dopo, abbiamo proprio coreografato tutto il film con quei brani”.

edgar-wright-bill-pope-baby-driver

Walter Hill fa un cammeo vocale nel film ed è l’autore di Driver – L’imprendibile da cui Baby Driver prende le mosse, come è andato il vostro rapporto?

Walter Hill è diventato mio amico 6 anni fa quando ho organizzato una proiezione di Driver – L’imprendibile a Los Angeles con lui e abbiamo poi fatto un Q&A assieme. Lì gli dissi che avevo in mente di fare questo film tratto dal suo. Quando poi tutto è stato fatto lui ha insistito per vederlo in sala pagando il biglietto anche se io ho fatto di tutto per averlo in una proiezione in anteprima. Ma lui è fatto così.
Il cammeo vocale che fa è un modo di dirgli grazie. Quando vidi quel film in tv da adolescente fu incredibile, ed è rimasto con me a lungo. Addirittura credevo che fosse più conosciuto di quanto non sia, lo citavo sempre alle interviste ma vedevo che pochi lo conoscono”.

Con Scott Pilgrim ha fatto un film da un fumetto, ha pensato al contrario? Una versione a fumetti di Baby Driver?

Non sarebbe male, si può fare. Del resto con Simon Pegg avevamo fatto un fumetto spin off di L’Alba Dei Morti Dementi, era la storia di uno degli zombie che si vedono nel film e di come è diventato tale

Sarà tra i giurati del Festival di Venezia, conosce gli altri che sono in giuria con lei?

Non sono mai stato al Festival di Venezia ma ho fatto parte della giuria del Sundance un anno. La cosa più bella di farlo è vedere film che non avresti occasione di vedere altrimenti, e di vederli al cinema, su un grande schermo! Cercherò di essere obiettivo, senza alcun pregiudizio o preconcetto. Spero di guardare tutto obiettivamente, è quello che mi eccita.
Non credo avremo contrasti in giuria, fare il giurato è semplice: voti tutti i film e se c’è un pareggio deliberi. Conosco già Rebecca Hall e David Stratton, un pochino la presidente di giuria Annette Bening”.

Classifiche consigliate