Oltre a parlare dei futuri sviluppi della loro carriera, Fabio e Damiano D’Innocenzo, nella videointervista “A casa di Alò” con Francesco Alò, hanno avuto modo di riflettere anche sul percorso fin qui compiuto, al momento composto solo da 3 titoli come registi ma già capace di imporli all’attenzione di pubblico e critica.

Guardandoli in successione, i tre film rivelano “un progressivo prosciugamento: La Terra dell’Abbastanza era molto vasto, anche a livello tematico, Favolacce meno, America Latina è del tutto desertificato, in quanto entriamo nell’imbuto della nevrosi del protagonista“, commenta Damiano. Ad unirli invece c’è l’amore per il genere, analizza Fabio:

Ci piacciano i generi perché ci permettono di parlare d’altro in maniera non snob. Favolacce è un fantasy, il titolo non è casuale: volevamo analizzare il presente da uno sguardo laterale e strizzare l’occhio a un certo tipo di fantastico che rasenta la perversione. America Latina, che per certi versi è un horror, era per noi un moto d’orgoglio per allontanarci dall’etichetta di autori pasoliniani, che non ci appartiene. Amiamo alla follia Pasolini, ma pensiamo che non bisogna avvicinarsi troppo e cercare di imitare quello che si ama. Per cui già in la Terra dell’Abbastanza le atmosfere sono espressioniste, dominate dal rosso e il verde, come poi in America Latina“.

A livello tematico, il fil rouge più importante è sicuramente l’ossessione per il maschile:

Abbiamo un problema enorme con il maschile, perché siamo due persone molto femminili ma viviamo in un Paese che ha distrutto la donna. La nostra società sembra creata a uso e consumo del maschio: alla donna oggi è stato chiesto di dimenticare il proprio inferno, di non farlo vedere. Noi soffriamo per questo: nei nostri film abbiamo dunque cercato di indagare e scavare nel maschio, non però da una prospettiva esterna, quanto mettendoci noi stessi, parlando di noi, dei nostri sbagli e delle nostre arroganze. La vergogna maschile che emerge è prima di tutta la nostra.

Fabio aggiunge un personale aneddoto:

Alle Medie e al Liceo ci bullizzavano dandoci delle “femminucce”, insulto che noi però prendevamo come un complimento. Questa mascolinità mi pareva grottesca e mi spaventava, ma era dappertutto, assorbita in ogni ambito della vita, non presente solo in una singola persona. Quello che sarebbe dovuto essere estirpato invece andava di moda.

Potete vedere l’intervista completa a questo link. È necessario avere un abbonamento plus, è possibile accedere a BadTaste+ anche abbonandosi gratuitamente tramite il proprio Amazon Prime al nostro canale Twitch!

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