Intervista con Radu Jude, il regista in concorso a Locarno 76 con Don’t Expect Too Much From The End Of The World

Ogni volta che è possibile fare un’intervista con Radu Jude non bisogna perdere l’occasione. Ha una parlata affilata, nessuna boria, una visione onestissima dei suoi film e poi, caso raro tra i registi, gli piace parlare di cinema, di immagini. Adesso è in concorso a Locarno con Don’t Expect Too Much From The End Of The World, film sofisticatissimo, grande, grosso e molto complesso, pieno di immagini e formati diversi, in cui come sempre parla di Romania ma soprattutto del fare cinema e come farlo bene.

Il suo film più famoso è Sesso sfortunato o follie porno, con cui vinse la Berlinale, ma nessuno come lui rappresenta il regista che va avanti, si muove e non si ferma. L’abbiamo incontrato in un bar di Locarno, gioviale come sempre, un po’ sovrappeso ma un fiume in piena. Un fiume onesto.

Due anni fa hai vinto l’Orso d’oro, questa cosa ha cambiato il tuo lavoro e le tue possibilità?

“In un certo senso sì, ma in sostanza no. C’è più interesse per il mio progetto successivo e meno difficoltà nel finanziarlo, ma è comunque difficile. Il punto è che subito dopo tutti mi hanno detto: ‘Il prossimo film deve essere più grande magari in inglese con un dieci volte il budget, grandi star…’ e io ho detto di no, voglio resistere a questa tentazione e continuare a fare film con budget minori e meno interesse verso il successo, non voglio cadere in quella trappola lì. Il mio modello è Fassbinder, fare molti film, farne tanti e voglio che riflettano quello che c’è intorno a me, senza stare troppo a preoccuparmi di fare l’opera d’arte perfetta, mi importa di più il processo che il film in sé”.

Tuttavia questo mi pare un film gemello a quello che ha vinto l’Orso d’oro, ha la stessa struttura: una protagonista in movimento nella città nella prima parte, un interludio e poi nell’ultima parte tutto molto scritto e più statico con molte voci fuori campo…

“Sì certo, in una certa maniera ci sono similitudini nella struttura, spero ci siano anche differenze però! Questo è sulle macchine, tutto è sulle macchine, anche la seconda parte parla di una persona finita sulla sedia a rotelle per colpa di una macchina”.

Ma un premio come l’Orso d’oro non dovrebbe rendere più facile fare i film che vuoi?

“Sì ma è come la borsa. Va bene per un po’ ma se poi non performi di nuovo allora al film ancora successivo scompaiono tutti. Ogni volta che ho vinto un premio il film successivo è stato più facile da finanziare, ma quando poi quello non ha performato a livello del precedente o come si aspettavano i produttori per quello potevo avvertire proprio fisicamente che la gente allontanarsi, con educazione eh, ma comunque allontanarsi. È un credito che non dura se non performi”.

Due anni fa durante un’intervista per il tuo Orso d’Oro Bad Luck Banging Or Loony Porn (in italiano Sesso sfortunato o follie porno)… Faccio sempre una gran fatica a ricordarmi bene l’ordine delle parole di quel titolo, è difficilissimo…

“No ti prego non ricordarmi le discussioni che faccio con il marketing…”

…ad ogni modo in quel caso mi dicesti che quando c’era la dittatura era quella a decidere per tutti, ora sono i romeni a decidere per i romeni. E facevi riferimento al fatto che non è che la Romania sia un gran bel paese. Mi pare che questo film viva del medesimo contrasto

“Vero! Non è che mi piaccia la dittatura ma mi chiedo perché Bucarest sia così rovinata in tempi di libertà, perché lo sia più che nei tempi di dittatura? Perché in un tempo che è migliore come società non siamo capaci di creare una vita buona per la maggior parte delle persone? Perché il traffico è un incubo? Perché parchi e alberi vengono tagliati per farci palazzi?”

Per questo metti continuamente le scene del tuo film a fianco di scene simili di un altro film, romeno, del 1981, cioè girato sotto dittatura, Angela Moves On?

“Il punto è che il mio film ha a che fare con le immagini, quindi io non paragono la società del 1981 con quella di oggi ma la rappresentazione della vita in Romania che veniva fatta nel 1981, sotto la censura, con la rappresentazione che è possibile oggi, in tempi di libertà”.

Da dove viene Angela Moves On? È famoso in Romania?

“Non è uno dei più famosi né uno dei migliori, ma è affascinante”

Dalle scene che includi pare dolcissimo!

“Soprattutto ha molte inquadrature da cinema verité che non erano per niente comuni all’epoca, ci sono molti piccoli elementi sovversivi che non è facile notare”.

È per sottolinearli che spesso quando mostri le immagini di Angela Moves On usi il rallentatore?

“Sì perché sia più facile notare inquadrature di gente povera, di espressioni povere, persone vestite in maniera povera, gente in fila per ricevere del cibo o mura distrutte. Ma anche cose più sottili che nemmeno in Romania tutti notano. Quando lei carica sul taxi l’uomo ubriaco egli chiede: ‘Andiamo avanti?’ e lui ‘Avanti’ e lei di nuovo ‘Avanti?’ e lui ancora ‘Avanti!’, prendono in giro lo slogan dei giovani comunisti, per l’appunto ‘Avanti’, mettendolo in bocca ad un ubriacone che indica la strada confusamente. Il film ne è pieno di queste cose. E poi è l’unico film con una donna che guida di quegli anni, in un certo senso molto progressista. Molti giovani oggi ci vedono del proto-femminismo”.

In Don’t Expect Too Much From The End Of The World ci sono molte immagini registrate, c’è Angela Moves On, c’è il corto che devono girare i protagonisti, ci sono i reel che fa Angela ecc. ecc. e tutte queste immagini mentono. Mente lei quando interpreta Bobi fingendo di stare altrove, mentiva il film dell’81 nel rappresentare una Romania idilliaca e mente lo spot aziendale che stanno girando, mi chiedevo allora…

“Non ci avevo mai pensato ma è interessante”

…mentono anche le immagini che hai girato tu?

“Penso che un film non mostri la verità, che poi la verità è un concetto complicatissimo, io ora lo uso nel senso più comune. Non è una verità oggettiva ovviamente quella del film, è una rappresentazione filtrata da me, l’autore. È accurata questa rappresentazione? Dipende da cosa intendi per accurata credo. Non lo è fattualmente, sai potresti girare solo nelle parti migliori di Bucarest e uscirebbe una bella visione, come negli spot elettorali o del turismo, oppure potresti filmare nei posti peggiori, e sarebbero entrambe rappresentazioni vere. Io ho provato a mettere molti posti diversi di Bucarest, quartieri poveri e palazzoni, grattacieli e centro storico ma non ho scelto per forza le parti rovinate e anche se lo avessi fatto lo difenderei, perché il film deve rappresentare la realtà a partire dalla prospettiva dell’autore. Poi certo è sbagliato manipolare il pubblico e fargli credere qualcosa. Però dove si traccia una linea? Non lo so ma il film esiste per mettere in questione proprio questo”.

Nel film la protagonista ad un certo punto incontra e parla con Uwe Boll e lui interpreta se stesso, hai visto molti film suoi?

“Alcuni, non molti. L’ho inviato, ed è stato gentile e professionale ad accettare, perché ad un certo punto era un bersaglio di critici che volevano che lui smettesse di fare film, una cosa secondo me molto cattiva”.

Lui però è il contrario di quel che dicevi tu riguardo te stesso, forse uno dei registi più commerciali possibili, no?

“È difficile dare queste definizioni. Pensa a Barbie: che cos’è? È un film di fantasia femminista e grande fatto da una donna che parla a giovani donne o è una grande pubblicità per una compagnia di giocattoli? Dipende da come la vedi, io sono in grado di vedere entrambe le prospettive, ma dal mio punto di vista mi pare più una pubblicità molto ben fatta per delle bambole che si nasconde dietro al pensiero femminista”.

Temi che questo tuo modo di fare cinema ti renda la vita più difficile se non continui a vincere premi?

“No. Oggi puoi fare un film in 5 minuti con il cellulare e io ci conto su questo. Ho fatto dei corti con niente, con fotomontaggi o simili e mi piacciono, mi sento libero e so che non posso farmi fermare da qualcuno che non crede in me. Penso che viviamo in una Golden Age per il cinema, perché è così economico farlo. So che i registi rumeni più vecchi si lamentano che non c’è più magia nel filmmaking perché tutti possono farlo, capisco quello che dicono, non puoi più essere il grande regista se lo fanno tutti e non pochi. Ma sono contento che tutti possano diventare registi, così l’audiovisivo è più interessante. Sì la magia se n’è andata ma a me non me n’è mai fregato niente di questa magia del cazzo”.

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