La recensione di 65: Fuga dalla Terra, il film di fantascienza con Adam Driver, in uscita al cinema il 27 aprile

L’idea è di quelle anni ‘90: due persone finite per sbaglio su un pianeta abitato da mostri devono industriarsi per sopravvivere e scappare. Le due persone in questione sono: Adam Driver, lavoratore dello spazio (non è chiarissimo cosa faccia) che ha accettato un lavoro importante per fare abbastanza soldi da curare la figlia malata di una di quelle malattie da cinema, quelle il cui sintomo più grave è una tossetta (con o senza sangue), e Ariana Greenblatt, unica sopravvissuta tra i suoi passeggeri dopo lo schianto, che non parla la sua lingua e cerca i genitori che abitano con lei nel volo. Il pianeta abitato da mostri in cui finiscono è il pianeta Terra 65 milioni di anni fa. Da cui il titolo a caratteri cubitali: 65. Come se fosse importante, come fosse una di quelle rivelazioni tipo Il pianeta delle scimmie, mentre invece non solo è svelato subito, ma è anche totalmente ininfluente.

Parliamo di un film che non va per il sottile perché non vuole andare per il sottile, e che rappresenta tecnologia futura (ma 65 milioni di anni fa) nella stessa inquadratura di tecnologia contemporanea, proprio del 2023. Una fortuita coincidenza per noi spettatori che è ampiamente accettabile nel momento in cui la premessa di tutto è che un alieno identico al noi sia arrivato sulla Terra 65 milioni di anni fa e (spoiler) non solo non abbia avuto nessuna conseguenza sullo sviluppo della razza umana sul nostro pianeta ma abbia anche azzeccato le 24 ore nelle quali si è svolto l’evento più devastante nella storia del nostro pianeta. Scott Beck e Bryan Woods, che scrivono e dirigono, sono interessati sostanzialmente alla tensione e all’azione, e a cercare di replicare quello che hanno fatto per Joseph Kosinski quando hanno scritto A Quiet Place e A Quiet Place II. Non gli riuscirà in pieno.

65: fuga dalla terra non è A Quiet Place perché non lavora così meticolosamente sulla creazione di una realtà diversa, ma scopiazza il suo spunto da After Earth (e ce ne vuole per scopiazzare un film simile), perché immagina alcuni dei peggiori dinosauri da quando esiste la computer grafica, e perché imbastisce una posta in gioco appena decente: sopravvivere e andarsene da lì. Il fatto che poi il rapporto tra quest’uomo e la bambina che tanto gli ricorda proprio la sua figlioletta malata per la quale è finito in quel disastro, sia scritto così grossolanamente da esporre questo transfer emotivo in ogni momento è tanto meno accettabile quanto più sì è andati avanti con la visione di The Last Of Us.

La missione di 65: fuga dalla terra è essere un B movie di mostri, questo sia chiaro, ma più che abbassare un po’ la raffinatezza di A Quiet Place si direbbe che voglia elevare un po’ la cialtroneria della Asylum trattenendo per sé il loro gusto per le creature (ce ne accorgiamo definitivamente alla fine, quando si presenta il dinosauro mutilato). Davvero non è impossibile godersi il film, anche perché Adam Driver si impegna ben al di là di quel che sarebbe richiesto e lavora ogni singola scena con una precisione e una dedizione che portano tutto ad un livello quantomeno decente. 65: fuga dalla terra si può vedere e ci si può divertire se si dimentica che è una produzione di un colosso, Sony, con uno degli attori più importanti del mondo.

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