La nostra recensione di Holy Shoes, presentato al Torino Film Festival 2023

Non si può definire certo piatto l’esordio alla regia di Luigi Di Capua, membro dei The Pills. Dalle prime scene, la macchina da presa sta stretta sui personaggi, tra primi, primissimi piani e il ricorso alla macchina a mano. L’effetto è di introduzione diretta nel loro mondo, lasciando sullo sfondo il contesto, anche se l’uso marcato degli accenti rende evidente la collocazione romana. È un approccio che guarda ai fratelli D’Innocenzo, da cui è ripreso anche il ritratto della piccola criminalità, priva di qualsiasi patina estetizzante. Un’impostazione iniziale molto forte che però non è supportata da un’altrettanta convincente narrazione e scivola poi quasi nel versante opposto.

In Holy Shoes si intrecciano quattro storie accomunate dal mettere al centro una scarpa, in particolare il modello Typo 3, che costa quasi 800 euro. Queste attirano i ragazzini, strumento per far co...