La recensione di Love Life, presentato in concorso a Venezia 79

È tutto in sottrazione, freddo e volutamente anempatico Love Life di Kôji Fukada. Come la stessa protagonista Taeko (Fumino Kimura), che reprime i suoi sentimenti dietro un muro di silenzio, questo dramma sull’elaborazione del lutto è infatti nella sua stessa forma respingente. Tra inquadarture statiche di ambienti domestici, dove i personaggi si posizionano come statue di cera, e un ritmo monotono, Love Life sembra voler stabilire che la distanza tra i protagonisti deve essere la stessa tra il film e lo spettatore: una scelta rischiosa che, per quanto solida, alla lunga rischia di spezzare il desiderio di empatizzare con il dramma che si sta consumando sullo schermo.

Ambientato quasi interamente in interni, in appartamenti di periferia tanto ordinati e puliti quanto svuotati di vita, Love Life racconta di un nucleo familiare che rischia di sfaldarsi a seguito di un tragico incidente. Taeko si è appena sposata con Jiro (<...