La recensione di Meglio Nate che niente, dal 1° aprile su Disney+

Il tredicenne Nate balla nella sua piccola stanza fantasticando un futuro radioso da cui è ancora ben lontano, come Ewan McGregor in Moulin Rouge. Sogna di scendere dalla finestra tramite una scala, come il protagonista di West Side Story. Cita continuamente film celebri, pensando di essere l’unico della sua età a conoscere ogni parola di Corner of the Sky (brano all’interno del musical Pippin).  In Meglio Nate che niente (esordio alla regia di Tim Federle, showrunner di High School Musical: The Musical – La serie, a partire dal suo romanzo omonimo) l’immaginario musical pervade il protagonista e la stessa struttura del film, che ne ripercorre le dinamiche più comuni, ma trasposte ad altezza di bambino.

All’inizio della storia, Nate sogna una carriera a teatro, ma non riesce nemmeno a ottenere una parte nella recita scolastica e sembra costretto ad abbandonare i suoi progetti ancor prima che questi possano iniziare...