La recensione del sequel di Non aprite quella porta, dal 18 febbraio su Netflix

L’era di reboot e sequel che viviamo ha creato una nuova categoria: il film che riesce a rovinare il proprio modello originale. È un’operazione al limite dell’impossibile che tuttavia qualche volta riesce, quella di un film che riprendendo una storia, ripassando sopra i medesimi personaggi e le medesime situazioni ad anni di distanza riesce a “correggerli”, gettare nuova luce e rivedere una mitologia in modo da farci riconsiderare al ribasso il film da cui prende spunto. È difficilissimo ma acccade.

Ci era riuscito l’allucinante Trainspotting 2, ci riesce Non aprite quella porta, sequel a 50 anni di distanza dal film originale, in cui compaiono ovviamente Leatherface (che dovrebbe essere anzianissimo anche se non pare proprio, ma è obiettivamente l’ultimo dei problemi) e anche una delle ragazze sopravvissute.

Al centro c’è una nuova compagnia di ragazzi che arriva nella cittadina in cui si è tra...