La recensione del Pinocchio di Guillermo Del Toro, in sala dal 4 dicembre e su Netflix dal 9 dicembre

Il burattino Pinocchio non è il frutto di un amore che deve trovare una casa o un oggetto in cui poter sbocciare, Pinocchio stavolta è il frutto disperato di una notte di alcol e lacrime, il prodotto di una furia tragica, nato per tappare la voragine di un dolore insanabile, quello per la morte di un figlio. Viene partorito come Frankenstein, tra i fulmini e le urla, con i chiodi storti e sporgenti, solo un orecchio e un abbozzo di corporatura. Pinocchio, come tutte le cose migliori nel cinema di Guillermo Del Toro, nasce da un luogo oscuro dentro Geppetto, pieno di risentimento e rancore verso il fato che gli ha strappato un figlio che, nelle prime immagini, il film lavora sodo per descriverci come il vero oggetto del suo amore più puro. Quella scena, la più bella e inattesa di questo film eccezionale, dice qualcosa di davvero potente, cioè che non c’è atto creativo che non sia un at...