La recensione di Troppo azzurro, il film d’esordio di Filippo Barbagallo, in sala dal 7 maggio

Non funziona quasi niente in questo esordio di Filippo Barbagallo (tranne la fotografia di Lorenzo Levrini), attore, regista e sceneggiatore di Troppo azzurro, film-mondo in cui viene introdotto un protagonista da franchise all’italiana, uno di quei personaggi che si identificano con il proprio attore e che di film in film portano avanti una filosofia o (a seconda di come la si vede) sono il simbolo di un modo di vivere. È l’uomo tenero e un po’ inadeguato, innamorato delle donne e un po’ vigliacco, che le subisce mentre le ammira, e da cui però, inspiegabilmente, queste sono attratte. È l’uomo di Troisi, spettatore del cambiamento antropologico che, negli anni ‘80, presentava un nuovo tipo di donna risoluta capace di prendere in contropiede un tipo d’uomo che non aveva capito cosa fosse successo. L’uomo sensibile, troppo sensibile, ma dai gusti sofisticati, dalle buone letture, i cui ...