La recensione di Tutti a parte mio marito, al cinema dal 21 dicembre

Se c’è una cosa che il cinema francese sa fare bene è parlare di sentimenti e sessualità. Che si tratti di una questione culturale o di un’abitudine di mercato (dato un pubblico pronto a recepire tali tematiche), un film all’apparenza semplice come Tutti a parte mio marito di Caroline Vignal sembra quasi impossibile per il cinema italiano: sboccato, divertito, intelligente e dotato di un pizzico di misurata follia nella messa in scena. Il tutto sigillato dall’esuberante personalità attoriale di Laure Calamy, ad abbattere le barriere tra il cinema d’autore e quello di più largo consumo.

Tutti a parte mio marito parte da una premessa accattivante: cosa succede quanto una donna di mezz’età non fa più sesso con un marito che ama? La frustrazione sessuale di Iris diventa così l’incipit e insieme l’unica idea portante del film e che Caroline Vingal porta avanti senza sconti, con onestà drammatica (sì, c’è tanto sesso extra...