Questo speciale su Escape Plan fa parte della rubrica Tutto quello che so sulla vita l’ho imparato da Sylvester Stallone

Non prendetevela con il titolo: è lì solo per stuzzicare la vostra curiosità, e comunque dice una cosa vera – in un certo senso. Ci spieghiamo. Ci sono due modi per guardare ai Mercenari. Uno è quello suggerito da Sly stesso, dall’intero marketing del film e soprattutto dai sequel: ecco i vostri eroi action preferiti, tutti insieme sullo stesso set, che fanno in coro le cose per cui li avete amati. E poi c’è l’altro modo: prima dei Mercenari, Sly e Schwarzy non avevano mai recitato insieme, cavalcando per tutta la loro carriera una circa-rivalità da frenemies fatta di punzecchiature, dichiarazioni di fuoco e pure duelli d’amore, ma mai film insieme. E quindi il franchise di Expendables avrebbe potuto rappresentare la grande occasione per il duetto che attendevamo da una vita, preferendo però la via del film corale e regalandoci solo qualche piccolo sprazzo, qualche interazione non indimenticabile.

Ecco perché Escape Plan è, a modo suo, un film importante.

Escape Plan Sly

Diciamo “a modo suo” perché se volessimo fare il giochino delle cose che non vanno nel film di Mikael Håfström, dei motivi per cui non è un capolavoro e forse neanche un granché, finiremmo domattina. Escape Plan non è indimenticabile né nei presupposti (è un film di evasione dalla galera) né nella realizzazione (è un action lineare e competente ma con pochi guizzi); ma era, e rimane ancora oggi, l’unico vero buddy movie di Sly e Schwarzy, che fanno coppia dal primo momento in cui si incontrano e passano il resto del film a rimbalzarsi battutacce mentre intorno a loro la gente muore e le cose esplodono.

In realtà, all’interno del frequentatissimo sottogenere del prison movie, Escape Plan ha qualche carta di originalità da giocarsi. Una su tutte il suo protagonista, Ray Breslin (nessuna parentela con Abigail): solitamente la gente che finisce in galera in questi film e deve evaderne ha fatto qualcosa di male, e il tempo passato dietro le sbarre è anche un’occasione per fare i conti con il proprio passato. Breslin, invece, in prigione ci va volontariamente: il suo mestiere è mettere alla prova i sistemi di sicurezza delle carceri americane, infiltrandosi come prigioniero e finendo sempre inevitabilmente per evadere. Un Houdini vestito di arancione, che sembra divertirsi un sacco a prendere in giro guardiani e secondini e che ha addirittura scritto un manuale sull’argomento.

Schwarzy

Inutile entrare nel labirinto dei colpi di scena che si sviluppano nel corso del film e che rivoluzionano in continuazione i rapporti di potere: quello che ci interessa è che Breslin finisce finalmente, come da tradizione, in un carcere dal quale sembra realmente impossibile scappare – anche perché è stato progettato da un sadico (Jim Caviezel!) che ha studiato proprio sul succitato manuale, e ha quindi costruito tutto il suo catafalco per essere a prova di Breslin. Il quale non finisce in quel carcere per caso: per una volta non c’è alcuna uscita di sicurezza per lui, il cui destino è quello di rimanere intrappolato nella Tomba per sempre.

È qui che, in tutta la sua imponenza, fa il suo ingresso in scena Arnold Schwarzenegger – perdonate, “Emil Rottmayer”, il misterioso collaboratore dell’altrettanto misterioso Victor Mannheim (nessuna parentela con Albert Meinheimer), terrorista dal cuore d’oro che ruba ai ricchi per dare ai poveri. Rottmayer ci mette un attimo (e un paio di cazzotti in faccia) a capire che Breslin è la persona giusta insieme alla quale organizzare una fuga, e a Breslin a sua volta basta uno sguardo ai bicipiti del compagno di carcere per giungere alla stessa decisione. Da quel momento, Escape Plan diventa un duetto Sly/Schwarzy nel quale il resto del cast prova in tutti i modi a inserirsi, con vari gradi di successo.

Jim

I due tengono la scena con la loro semplice presenza come pochissimi attori al mondo. I loro dialoghi sono una sequela di battutine, punzecchiature e one liner anni Ottanta che li fa galleggiare in un mondo parallelo a quello del resto del film: esistono, e questo li rende immortali; sono loro due, e quindi sicuramente se la caveranno, non importa quante botte prendano o quante volte vengano sottoposti a waterboarding selvaggio (Escape Plan sa essere crudele quando vuole, e d’altra parte Håfström in carriera ha girato quasi solo horror). Non è tanto questione di se quanto di come: che cosa si inventeranno per uscire da una serie di situazioni sempre più complicate e senza via d’uscita? Lo scopriremo tra una battuta a effetto e l’altra.

Si potrebbe togliere tutto il resto e tenere solo le scene con Stallone e Schwarzenegger, ed Escape Plan avrebbe comunque una sua ragione di esistere. Per fortuna il resto del cast capisce di trovarsi di fronte a una sfida impossibile, e la affronta con dignità, massimo impegno e l’umiltà di chi sa di essere nella migliore delle ipotesi un terzo violino. Caviezel è viscido ed elegante come un vero villain anni Ottanta ed è il genere di cattivo che non vedi l’ora di morire male; il suo braccio destro è l’immenso Vinnie Jones, che se ne sta nelle retrovie fino a che non arriva il suo momento e, per quanto breve, lo sfrutta al massimo. C’è spazio persino per un dimesso Sam Neill nei doppi panni di medico e plot device, e per il sempre affidabile Vincent D’Onofrio. Tutto contorno, ma di un lusso inusitato per un progetto così piccolo.

Vincent

Se chi sta sul set e non ha il cognome che inizia per “S” deve fare di tutto per amplificare la prestazione delle due star, Håfström decide invece di vestire i panni del regista di servizio e di fare di tutto per scomparire dietro le prove dei protagonisti. Questo purtroppo significa anche che le scene più puramente action sono girate e montate con un po’ di quella “confusione artistica” che dieci anni fa si usava ovunque per mascherare pecche e mancanze; e quindi ci si ritrova di fronte al curioso paradosso di un film con Stallone e Schwarzenegger nel quale le sequenze peggiori sono quelle dove si sparano o si menano.

Ma ci interessa davvero? A oggi, agosto 2023, Escape Plan rimane l’unico vero film della coppia Sly/Schwarzy, e solo loro. Niente intrusi, niente coro di voci greche: solo le due personalità più gigantesche degli anni Ottanta e Novanta di Hollywood rinchiuse su un paio di set claustrofobici a mangiarsi la scena con ogni sillaba. È così che ci immaginiamo il paradiso.

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