Questo articolo fa parte della rubrica Tutto quello che so sulla famiglia l’ho imparato da Fast & Furious

Ne abbiamo già parlato più volte soprattutto negli ultimi capitoli di questa saga sulla saga, e ora che siamo arrivati a Fast & Furious 9 dobbiamo parlarne una volta di più. Ci riferiamo al fatto che, dal quinto film in avanti, ogni nuovo capitolo di F&F si è ritrovato a fare i conti con la propria eredità e il proprio passato; a doversi superare, a inventare qualcosa di più clamoroso di quanto si fosse visto nel capitolo precedente. Non è facile farlo quando il tuo standard è far saltare una macchina da un grattacielo all’altro, ma fino a Fast & Furious 8 la rincorsa ha funzionato. Il nono episodio, invece, è il primo nel quale questo meccanismo comincia a incepparsi, lasciando qualche preoccupazione in vista del X (che nel momento in cui scriviamo non abbiamo ancora visto).

Fast & Furious 9 Cena

Il problema di Fast & Furious 9 è questo: ha delle idee che su carta sono oggettivamente più incredibili ed esagerate di quelle dell’8, del 7 e così via. Su carta, appunto: quando poi si tratta di messa in scena, di materializzazione di queste idee, F9 si incarta e si schianta contro l’impossibilità di realizzare certe idee senza usare scorciatoie e trucchetti vari. Il risultato è che per la prima volta nella storia della saga i momenti più spettacolari, quelli da copertina, quelli per cui il film viene ricordato, sono anche quelli che sembrano più finti, più figli del cinema di supereroi che di quello di stunt e macchine che si schiantano male.

Ci riferiamo ovviamente a una sequenza in particolare, quella della quale si è parlato per mesi prima dell’uscita del film e della quale, non a caso, si sono un po’ perse le tracce dopo l’uscita: quella in cui Tej e Roman vanno nello spazio. Mentre lo scriviamo ci rendiamo conto una volta di più del potenziale memetico dell’idea, e del fatto che quando durante una riunione di brainstorming qualcuno se n’è uscito con “dobbiamo mandarli in orbita!” negli uffici di Universal non può che essere scattato un applauso spontaneo, prolungato e sentitissimo. Nel momento in cui hai dimostrato di essere una macchina da soldi e quindi di poterne chiedere altrettanti per realizzare qualsiasi follia ti venga in mente, perché dovresti dire di no alla prospettiva di spedire i tuoi personaggi nello spazio, anche solo per qualche minuto?

Vin Cena John Diesel

Il problema, ovviamente, ci sentiamo anche un po’ scemi a doverlo scrivere, è che puoi attaccare una cassaforte a un’auto o farne cadere a decine da un aereo, ma non puoi davvero mandare gente nello spazio – pensate altrimenti quanto sarebbe (ancora più) bello Gravity. È una conseguenza del fatto che stai facendo crescere i tuoi personaggi e il loro mito in una maniera analoga a come si fa di solito con i supereroi: Fast & Furious 9 in questo senso è il più autoconsapevole dei film della saga, con i lunghi discorsi di Roman sul fatto che i membri della Famiglia sembrino immortali e capaci di sopravvivere a qualsiasi follia. Ma se ormai F&F ha messo in chiaro quanta sospensione dell’incredulità serva per apprezzarlo, e che i suoi personaggi sono dotati di una plot armor spessa come un muro molto spesso, nel momento in cui scegli di scrivere una scena ambientata nello spazio non puoi evitare di scontrarti con i limiti della fisica dei corpi e altre amenità simili.

Il risultato è che la scena nello spazio, come anche in misura minore quella dove Vin Diesel si appende a una liana con un’auto da corsa e penzola sopra l’abisso, è artificiale e costruita, priva di quella fisicità che anche gli stunt più assurdi dei film precedenti mantenevano. Sono scene spettacolari perché mentre le si guarda è impossibile non venire stuzzicati intellettualmente: stiamo parlando, lo ripetiamo un’altra volta, di gente nello spazio. Ma Fast & Furious non è mai stata una saga esclusivamente cerebrale. Mancano le sgommate in Fast & Furious 9, le sospensioni spinte oltre i loro limiti; il rapporto tra i personaggi e i loro veicoli è diventato ormai simbiotico, come se le loro auto da corsa e jeep corazzate e carrarmati fossero i loro Jaeger, e quelle dei cattivi dei Kaiju. È un lavoro concettuale senza dubbio interessante, ma che svuota il film di sudore, sangue e olio motore.

Oh dear

Per converso, Fast & Furious 9 ha, rispetto ai suoi due predecessori, un vantaggio incolmabile: il ritorno di Justin Lin al timone. Quando non esagera e non insegue chimere e alti concetti, Lin torna a fare quello che aveva fatto da Tokyo Drift in avanti: girare alcune delle migliori sequenze d’azione del millennio, con una sicurezza e una creatività che mettono tutto quello che non è assurdità allo stesso livello dei film precedenti. Lin è anche quello che ha introdotto ufficialmente la telenovela nel franchise, e anche qui utilizza con gusto uno dei trope più classici del genere: il fratello perduto del quale nessuno aveva mai parlato fin lì e che si scopre invece essere una delle chiavi di lettura più importanti dell’intera personalità di Dom Toretto.

John Cena ha già dimostrato a più riprese di essere non solo un gran corpo da cinema ma anche un ottimo attore, e qui lo conferma un’altra volta: certo gli manca la sfacciataggine e la personalità straripante di Dwayne Johnson, ma questo significa anche che tende meno a mangiarsi il film togliendo spazio a chi gli sta intorno, e la sua introduzione nella saga è molto meno traumatica di quello che avrebbe potuto essere. D’altra parte quando c’è la Famiglia vale tutto: anche accettare la retcon clamorosa che riporta in campo il compianto Han, e trovarsi a sperare che anche Gisele possa beneficiare dello stesso destino prima della fine di tutto.

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