Fusi di testa, il film con Mike Myers che diede notorietà cinematografica a un suo personaggio del Saturday Night Live e ottenne un successo tanto meritato quanto inaspettato al punto da meritarsi, a trent’anni dalla sua uscita, un posto tra le migliori commedie americane degli anni Novanta, è tante cose. È, come detto, un film che fa ridere, basato su un personaggio che faceva altrettanto ridere e nato per la TV in un periodo d’oro per il Saturday Night Live. È l’opera che lanciò Myers e gli aprì la strada per l’immortalità donatagli qualche anno dopo da Austin Powers. È un’opera meta- e più intelligente di quanto sembri, ed è, forse involontariamente, uno dei film più rappresentativi di una certa scena musicale americana che affondava le sue radici nel rock classico ma si godeva anche quello moderno, sul punto di deflagrare sui palchi ma anche su MTV. È una satira sociale. Ed è, trent’anni dopo e con tutto il senno di poi del mondo, un film profetico.

Prima dell’uscita di Fusi di testa, il primo e unico caso della storia di uno sketch del Saturday Night Live tramutato in lungometraggio risaliva a più di dieci anni prima, ed era ovviamente The Blues Brothers. Questo dovrebbe dare un’idea della portata di Fusi di testa, che provava, appena per la seconda volta nella storia del SNL, a prendere brevi pezzi di televisione e amalgamarli in modo da creare una narrazione che potesse reggere per novanta minuti.

 

Rob Tia

 

Myers, che ha scritto il film insieme ai coniugi Bonnie e Terry Turner, che a loro volta lavorarono al SNL per sette anni, fa in questo senso la scelta migliore e forse l’unica possibile. Non rinuncia ai singoli sketch, alle gag di breve durata di natura televisiva, ma le usa anche per raccontare qualcosa sui suoi personaggi e sulla loro vita. L’esempio più clamoroso è quella che per comodità chiameremo “la scena di Bohemian Rhapsody” – questa, per intenderci:

 

 

Uno dei momenti più famosi del film, approvato da Freddie Mercury in persona, che fa ridere se preso da solo ma che ci insegna anche, meglio di qualsiasi dialogo, con chi abbiamo a che fare. E questo è un altro dei segreti di Fusi di testa: Wayne e Garth (Dana Carvey), i due protagonisti, sono due scemi che fanno cose sceme e comunicano tra loro a botte di tormentoni, ma sono scemi buoni, ingenui, di buon cuore, senza traccia di tossicità o brutto carattere. Sono simpatici, per farla breve. Il titolo originale del film è Wayne’s World, come il programma TV condotto dai due: è il mondo di Wayne, che non necessariamente coincide con il nostro, ed è un mondo dove ci si diverte ma dove si vuole anche bene, a sé stessi e al prossimo (ed è quindi un mondo molto poco grunge, in questo senso).

 

Mike Myers

 

Ovviamente in un mondo così imperfettamente perfetto è la perfezione a intervenire a gamba tesa e rovinare tutto quanto – incarnata da Rob Lowe, produttore senza scrupoli che però ha l’intuizione di vedere in Wayne’s World, il programma televisivo amatoriale condotto da Wayne e Garth, qualcosa, una scintilla, un qualche valore. Il film è del 1992, e Wayne’s World va in onda sulla televisione civica, qualcosa che noi in Italia non possiamo capire ma che forse si può assimilare, quantomeno per tipologia di contenuti anche se non per spirito e funzione sociale, con certe televisioni molto locali popolate di programmi che non troverebbero mai spazio in un palinsesto regolare e attento alla qualità.

Quello della public-access television è un mondo tutto americano che noi da questo lato dell’oceano abbiamo conosciuto principalmente grazie film tipo Fusi di testa. Ma l’idea che ci sta dietro, quella di una piattaforma a bassissimo costo che permetta a chiunque di mettersi davanti a una macchina da presa e riempire il tempo facendo o dicendo cazzate (perdonate il francese), non è molto diversa da quelle che oggi sono le dirette su YouTube, su Instagram, su Twitch. C’è qualcosa di sorprendentemente moderno negli sprazzi di Wayne’s World che vediamo in Fusi di testa, la sensazione che cambiando l’ordine delle piattaforme il prodotto non cambi davvero fino in fondo; non è difficile immaginare Wayne e Garth nel 2022 che fanno la stessa roba che facevano nel 1992, solo non in TV ma su Internet.

 

Tia

 

E il fatto che Fusi di testa sia un film moderno al confine con l’avanguardia è dimostrato anche dal fatto che è intriso di citazionismo, riferimenti alla cultura pop e decostruzioni varie, le stesse che due anni dopo faranno la fortuna di un film come Clerks (o della carriera di Quentin Tarantino, che debuttò anch’egli proprio nel 1992). È dimostrato dalla frequenza con cui Mike Myers rompe la quarta parete, trasformando il film in una sorta di documentario (sempre per la TV ad accesso pubblico ovviamente) su sé stesso, o meglio sul suo personaggio. Myers è un comico eccezionale ma anche un profondo conoscitore del suo mestiere: dietro la sua facciata di stupidera, Fusi di testa nasconde un discorso complesso sull’arte del far ridere che parte dai Monty Python e da Mel Brooks (il finale del film in particolare non può non ricordare Mezzogiorno e mezzo di fuoco) e finisce direttamente nel futuro.

Che cosa questo significhi nel 2022 lo lasciamo decidere a voi: Myers era un c.d. “visionario”, oppure la comicità negli ultimi trent’anni ha fatto molti meno passi avanti di quanto si pensi? Fusi di testa è un film che non è invecchiato di un giorno, oppure è il resto del mondo che non è andato avanti? Quale che sia la vostra risposta siamo sicuri che sarà eccellente.

 

Fusi di testa Wayne

 

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