Ben Affleck e Jennifer Lopez si sono sposati. “Finalmente”, aggiungeremmo: nel 2002, ormai vent’anni fa, erano una clamorosa power couple, e lo rimasero per due anni durante i quali chiunque si interessi di gossip e si faccia trascinare dalle storie d’amore tra celebrità sognava il matrimonio del secolo. Le cose poi andarono un po’ diversamente, e i due ci hanno impiegato vent’anni a convolare finalmente a nozze, per la felicità di un’intera generazione che tifava per l’evento da quattro lustri. Di quel periodo ci rimangono tanti momenti, da quella volta che qualcuno coniò la crasi “Bennifer” ad Affleck che compare nel video di Jenny from the Block. Ma ci rimane anche il film sul set del quale i due si conobbero per bene e si innamorarono: Gigli, o se preferite il titolo italiano Amore estremo – Tough Love. Un flop clamoroso, uno dei film più brutti di sempre secondo la critica dell’epoca e i meme dei successivi vent’anni. Ci siamo quindi chiesti: lo era davvero?

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Risposta breve: no. Risposta un po’ più articolata: in realtà, già al tempo ci fu chi intravide del buono in Gigli, e non si limitò a stroncarlo con motivazioni pretestuose (una delle più utilizzate, chiaramente smentita dalla visione del film, è che Ben Affleck e Jennifer Lopez “non hanno chimica”). Tra le stroncature, quella più interessante è forse quella di Roger Ebert, che parla di un film con dialoghi brillanti ma “troppo disorganizzato perché ve lo possa consigliare”. È un parere sintetico e ficcante, ed è assolutamente condivisibile: Gigli è un film che in inglese verrebbe descritto come “all over the place”, con un ritmo sghembo e irregolare e una straordinaria capacità di aprire parentesi e poi dimenticarsi di chiuderle.

Gigli Affleck

È anche, però, un film estremamente coraggioso, sempre sul confine tra il progressismo e il mettersi le mani nei capelli, che tratta temi inusuali in una commedia romantica di inizio Duemila e che prende spesso direzioni narrative inaspettate. Già a descriverlo si capisce quanto sia rischioso: Gigli è, in breve, la storia di come un maschio alfa impara a sconfiggere la sua tossicità e a riscoprire il suo lato femminile grazie all’aiuto di una lesbica e di un disabile. Certo, la lesbica non è in realtà una lesbica ma una ragazza bisessuale con una decisa preferenza per le femmine ma che non disdegna un maschio ogni tanto; e il disabile è interpretato da Justin Bartha, che fa di tutto per restituire un personaggio rispettoso della sua condizione ma che oggi verrebbe comunque sommerso di critiche e accuse di abilismo. Ma il fulcro del discorso rimane.

Larry Gigli, ci racconta Martin Brest che il film l’ha scritto e diretto, è un criminale da strapazzo che si crede… OK, la rima dovrebbe essere chiara. Fa lavoretti poco raccomandabili per Louis, che un giorno gli affida un compito forse più grande di lui: rapire il fratello con problemi mentali di un potente procuratore federale che sta per portare in tribunale il tizio per cui Louis stesso lavora. Siccome Louis non si fida fino in fondo di Gigli, ingaggia anche Ricki (Lopez), che deve tenere d’occhio la coppia e assicurarsi che tutto vada per il verso giusto. Ricki e Larry si ritrovano quindi a vivere insieme sotto lo stesso tetto in compagnia di un adolescente tutto da gestire, e si ritrovano anche a condividere lo stesso letto, ma non lo stesso desiderio.

Lopez

Il grande twist di Gigli è che Ricki è lesbica, e Larry passa gran parte del film a mostrare i suoi metaforici muscoli da maschio alfa per provare a convincerla che un pene sia meglio di una vagina, e che inseguendo la seconda Ricki si stia perdendo il meglio della vita. È una strana forma di tensione sessuale tutta volta a de-mascolinizzare il personaggio di Larry, e costringerlo a confrontarsi con quello che un po’ semplicisticamente viene definito “il suo lato femminile”. Il film è talmente interessato a questi discorsi che spesso mette da parte ogni senso di ritmo e progressione narrativa per abbandonarsi a dialoghi infiniti ma sempre stimolanti, e in certi casi stuzzicanti, come in questa che è probabilmente la scena più riuscita del film:

Ovviamente non tutto va a segno: da segnalare in particolare la terribile sequenza della ex di Ricki, che si presenta a casa di Larry per fare una scenata di gelosia e accusare Ricki di “aver saltato la barricata” per poi tagliarsi le vene nell’estremo tentativo di ottenere l’attenzione e l’amore di cui ha bisogno. E meno parliamo del finale meglio è: è qui che tutto l’edificio narrativo di Gigli crolla e dalle macerie emerge tutto il buonismo che questa cinicissima commedia romantica era riuscita fin lì a tenere a bada.

Gigli è quindi un film con dei difetti, alcuni dei quali evidenti. Ma “peggior film di sempre”? Quella è una valutazione assurda e soprattutto binaria, di quelle che prevedono che un film possa essere solo un capolavoro o uno schifo. Quello di Brest è invece un film interessante, imperfetto e che potrebbe scatenare discussioni infinite su temi importanti. A noi sembra una bella cosa – altro che “il film più brutto della storia”.

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