L’alba dei morti dementi usciva al cinema il 9 aprile 2004

“Era un’idea parecchio originale all’epoca. Mi dissero che era una ‘rom-zom-com’ e ricordo che pensai ‘non ho idea di cosa sia’”. Con queste poche, semplici parole, Kate Ashfield raccontava, qualche anno fa in occasione di una riunione del cast e crew di L’alba dei morti dementi, la genesi altrettanto demente di un film che non aveva alcun diritto di ottenere il successo che ha ottenuto. Ma come il proverbiale calabrone lui non lo sapeva, e l’ha ottenuto lo stesso, incassando quasi 40 milioni di dollari a fronte di un costo di 6, superando al botteghino un altro film di zombi ben più blasonato, e contribuendo in maniera decisiva a dare il via a una nuova rinascita del genere.

L’alba dei morti dementi e il momento storico

Innanzitutto: se volete, qui avevamo approfittato del compleanno di White Zombie, il primo film di zombi di sempre, per fare una breve cronistoria del genere. L’avevamo menzionato tra i “film di meta-zombi”, cioè quei film sui morti viventi che riflettono sui morti viventi e soprattutto sui morti viventi al cinema (altro grande esempio è One Cut of the Dead). In realtà, non era quella l’intenzione iniziale di Simon Pegg, Nick Frost ed Edgar Wright: nelle parole del primo, “non volevamo fare una parodia dei film di zombi ma una parodia delle commedie romantiche: il nostro pitch per L’alba dei morti dementi fu ‘Richard Curtis ma gli sparano in testa’”.

Shaun

E in effetti è vero che, nel 2004, cercare di sfondare con un film di zombi, parodia o meno, poteva sembrare un azzardo: Frost ricorda che “dopo averli visti ballare in Thriller, i morti viventi hanno perso un po’ della loro minaccia, e sono un po’ spariti dal radar”. Ci volle, due anni prima dell’uscita di L’alba dei morti dementi, il Premio Oscar Danny Boyle per farli ritornare di moda: 28 giorni dopo, uscito nel 2002, diede la stura alla fase (ancora attuale) degli “zombi che corrono”, rivitalizzando (… ah ah ah) le creature romeriane e rendendole nuovamente pericolose. Il trio del Cornetto, però, non voleva fare nulla di moderno: non erano interessati a parodie o rivoluzioni, loro volevano solo omaggiare il loro regista preferito (George Romero) e il suo L’alba dei morti viventi.

L’alba dei morti dementi e Romero

L’impronta romeriana è evidentissima nel film di Wright, e non solo perché gli zombi non corrono ma deambulano goffamente come da tradizione. Ha ragione Pegg a dire che L’alba dei morti dementi non è una parodia dei film di zombi: il lato “morto vivente” è preso molto sul serio, sangue e violenza abbondano e, se non fosse che i protagonisti sono un branco di idioti, il film potrebbe essere un horror drittissimo e spaventoso. E d’altra parte non è che nei film di Romero (L’alba più che La notte) il lato umano fosse sempre trattato con la stessa serietà con cui veniva affrontato quello dei morti viventi: gli imbecilli sono ovunque, e il fatto che facciano cose imbecilli è spesso un’ottima scusa per portare avanti la trama di un film di zombi.

L'alba dei morti dementi Shaun

A proposito: Romero vide L’alba dei morti dementi e lo apprezzò molto, arrivando a telefonare a Edgar Wright per fargli i complimenti. L’occasione arrivò durante una proiezione alla quale la produzione aveva invitato parecchia gente di cinema, tra cui proprio il compianto George. Immaginiamo che Romero si sia sentito lusingato nel vedersi omaggiare con tanto affetto, ma anche che abbia apprezzato l’umorismo del film, lui che in carriera ogni tanto si è anche lasciato andare a opere più divertenti (si veda Creepshow). A noi però piace anche pensare che Romero abbia apprezzato la decostruzione in chiave comica di uno dei generi più codificati del cinema tutto, cioè la commedia romantica: L’alba dei morti dementi è un film cinefilo e intelligente, anche se a una prima occhiata potrebbe non sembrarlo.

Zomromcom

Non è un caso se l’embrione dell’idea che ha generato L’alba dei morti dementi arrivi da Spaced, la sitcom creata da Simon Pegg e Jessica Stevenson che racconta le disavventure di due spiantati che condividono un appartamento. E non è un caso che l’intera trilogia del Cornetto, che comprende anche Hot Fuzz e The World’s End, riprenda ed elabori molti dei temi di L’alba: i film del trio Pegg/Frost/Wright sono sempre stati anche, forse soprattutto, delle opere semi-autobiografiche, che riflettono su certe dinamiche di amicizia, amore, uscita dall’adolescenza e raggiungimento dell’età adulta… Sono film che fanno ridere perché raccontano vicende tutto sommato normali ma vissute da gente assurda, parodistica e parossistica, che però sotto lo strato di risate ed esagerazioni nasconde un fondo di umanità che permette di far scattare l’empatia.

PeggFrost

Questo passaggio è fondamentale per un film come L’alba dei morti dementi, che parla di zombi e quindi di morte: il rischio in questi casi, soprattutto con un cast così ricco, è di concentrarsi solo sull’orrore e trasformare i personaggi in carne da macello che non vedi l’ora di vedere fatta a pezzi. Le vicende di Shaun, al contrario, la sua amicizia con Ed, il suo amore non  corrisposto per Liz, sono tutti elementi che starebbero in piedi anche senza un film di zombi intorno, ed è la loro interazione con la presenza dei morti viventi che fa scattare la scintilla, e ci fa tifare per i protagonisti invece che per il massacro.

Pegg, Frost e Wright hanno poi replicato la stessa formula prima con il buddy cop, poi con il film di invasione aliena, e ogni volta è stato un successo. Ma L’alba dei morti dementi resta forse il migliore del trio, nonostante tutto: perché è stato il primo, perché ha aperto la strada, e perché ha dimostrato che si può fare una commedia horror senza rinunciare né alla buona commedia, né al grande horror. Peccato solo che il 90% delle horror comedy a base di zombi uscite successivamente non abbiano imparato la lezione, e siano quasi tutte dimenticabili: ma questa mica è colpa del Cornetto.

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