Ci sono tante storie a Hollywood che parlano di ecologia e di difesa del pianeta (Avatar), che presentano deserti post apocalittici (Mad Max) o che pongono l’accento sul problema delle risorse (Avengers: Infinity War). Il cambiamento climatico reale, un fenomeno che ha conseguenze su tutti gli abitanti della terra, e dovrebbe averlo anche sui personaggi di finzione, resta però marginale e poco raccontato. 

Uno studio condotto da Good Energy, una no profit che offre consulenza per i contenuti delle storie, in collaborazione con USC Norman Lear Center, mostra che la stragrande maggioranza delle sceneggiature ignora la crisi climatica. 

Perché è importante parlare di cambiamento climatico nella finzione?

Hollywood si attribuisce una grande importanza nell’impatto sul mondo. Si è convinta di essere un anello importantissimo, se non essenziale, nell’affermazione delle minoranze, nella rappresentazione e nella sensibilizzazione su molti temi politici e sociali. Il suo impatto è ancora tutto da quantificare, ma non c’è dubbio che l’attenzione delle storie di finzione verso le questioni del mondo reale aiuti ad alimentare il dibattito pubblico. La maggioranza del pubblico ha infatti affermato di aver ricevuto informazioni riguardo a temi sociali guardando un prodotto audiovisivo.

Il cambiamento climatico è causato dall’uomo, ma fa sentire impotenti. Questa sensazione fa nascere in alcune persone una forma di eco-ansia. Questo rende molto difficile parlare del tema nei prodotti di intrattenimento, soprattutto se non specificamente rivolti all’argomento (come possono essere invece i documentari). Al contempo però la ricerca ha rivelato che la metà degli americani intervistati desidera che i film e la TV diano voce a questi timori. Sono i personaggi, in questo caso, a doversi identificare con noi. 

Chi si dichiara fiducioso rispetto alla possibilità di trovare una soluzione alla crisi è 3.5 volte più propenso degli altri a desiderare che i media audiovisivi inquadrino il problema. 

Sostenibilità ambientale Hollywood The Day After Tomorrow cambiamento climatico

Lo studio sul linguaggio del cambiamento climatico nelle storie

La ricerca è condotta analizzando 37.453 sceneggiature per il cinema e la televisione prodotte tra il 2016 e il 2020. I ricercatori hanno cercato specifici termini  chiave legati al cambiamento climatico (si esclude pertanto ogni riferimento simbolico, non diretto).

Solo lo 0,6% di questi menzionava il termine specifico “cambiamento climatico”. Mentre considerando tutte le keyword legate al fenomeno la percentuale si alza di poco, arrivando però ad un misero 2,8%.

Nella percezione il dato non va meglio. Il 68% degli intervistati (un campione di duemila americani sopra i 18 anni) non è in grado di nominare un prodotto audiovisivo tematizzato sul cambiamento climatico. Le interviste sono state raccolte prima dell’uscita di Don’t Look Up. La maggioranza di chi ha saputo rispondere ha citato The Day After Tomorrow come esempio. Un film del 2004. 

Tra le altre menzioni figurano la serie TV La Brea e il film 2012 che presentano fenomeni simili nell’immaginario collettivo alle conseguenze del cambiamento climatico (inondazioni), ma non sempre legati ad esso (terremoti, eruzioni vulcaniche).

Chi ne parla di più?

Showtime e la “ex” HBO Max sono tra gli studi che più hanno integrato le tematiche ambientali nelle loro storie. Tra i prodotti Netflix spiccano The Politician e BoJack Horseman. Madam Secretary, della CBS, è lo show con più alta densità di menzioni, ben il 7,5% delle puntate include un discorso sul clima. Anna Jane Joyner, fondatrice di Good Energy, ha fatto da consulente per la serie.

È proprio Joyner ad attaccare, intervistata dall’Hollywood Reporter: quando i disastri naturali appaiono nei film e nelle serie la sceneggiatura li collega al cambiamento climatico solo nel 10% dei casi. Quando si rappresenta l’industria fossile, si menziona il loro impatto sull’ambiente solo il 12% delle volte.

La ricerca ha permesso di lanciare anche un sito, disponibile a questo link, che faccia da manuale per gli sceneggiatori su come parlare di questi argomenti.

Come si scrive l’ecologia al cinema?

Le condizioni del mondo di oggi e domani non devono diventare un genere a parte. Bensì devono essere utilizzate come una lente, scrivono gli autori di Good Energy, che si applica ad ogni storia perché queste riflettano la realtà. Ci sono e ci saranno impatti sociali, cambiamenti nella mentalità delle persone, problemi politici da risolvere. Piccole e grandi influenze nella vita di tutti i giorni.

Gli sceneggiatori devono superare alcune convinzioni che portano a non scrivere di queste cose: il cambiamento climatico non deve essere per forza triste, può essere incorporato in storie leggere. La paura che il tema sia troppo controverso si vince osservando quante persone sono toccate quotidianamente dalla crisi. Non bisogna nemmeno essere esperti, o pretendere di raccontare queste cose nella loro intera complessità scientifica. Si può selezionare un aspetto e integrarlo in maniera funzionale alla narrazione.

Lo studio si chiude con cinque consigli per l’industria dell’intrattenimento: parlare del cambiamento climatico in tutti i generi, non solo nei drammi o nei film di avventura; tracciare linee tra cause e conseguenze; dare voce all’eco-ansia; mostrare le intersezioni, l’impatto che ha su altri temi come la salute mentale, la lotta di classe e il benessere; promuovere azioni e realistiche soluzioni.

Oppure, più semplicemente, per iniziare a inserire nelle sceneggiature questa “lente” bisogna tenere a mente quanto detto dalla sceneggiatrice Dorothy Fortenberry: “se il cambiamento climatico non entra nella tua storia, allora è fantascienza”. 

Trovate qui la ricerca completa.

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