I Pionieri di Luca Scivoletto esce al cinema il 13 aprile (guarda il trailer). Per l’occasione torniamo su un film che ha molto in comune con questa commedia, e cioè Good Bye, Lenin!

Ognuno sceglie la propria realtà. Lo pensava il cinema a cavallo del millennio. Le sorelle Wachowski ponevano la questione in quel Matrix che compare citato anacronisticamente (ma c’è una scena eliminata che lo spiega) sulla maglietta di Denis in Good Bye, Lenin!. La satira diretta da Wolfgang Becker è a sua volta una reazione al The Truman Show che raccontava il capitalismo dei media. Qui invece si parla di comunismo e consumismo aggiungendo una postilla: sono i giovani a costruirla questa realtà.

Good Bye, Lenin! fu uno straordinario successo di pubblico, uno dei film tedeschi più visti di sempre. Sono passati 20 anni, ma l’impressione è che il tempo trascorso sulle sue immagini sia il doppio. Perché Good Bye, Lenin! arrivò per ultimo a chiudere i conti cinematografici con il muro di Berlino. Dopo il settembre del 2001 il cinema aveva altro da raccontare, ma c’era ancora uno spazio per un po’ di riflessione nostalgica sugli ideali andati. O meglio l’Ostalgie di chi ha creduto nella DDR. 

Good Bye, Lenin! l’amore dei figli cambia la storia

Tra queste persone inamovibili c’è Christiane Kerner, grande pasionaria per le idee della Repubblica Democratica Tedesca. Lasciata dal marito, partito per l’ovest, ha aderito anima e corpo alla politica del Partito Comunista. Un attacco di cuore la getta in un lungo coma. Al suo risveglio, otto mesi dopo, nel 1989 i medici comunicano ai famigliari che la sua vita è ancora appesa a un filo. Qualsiasi emozione forte potrebbe esserle fatale. I figli Alex e Ariane sanno che non reggerebbe la scoperta dell’arrivo del capitalismo nel paese. Non possono comunicarle la notizia.

Trasformano così la loro casa in un ambiente protetto, pieno di cimeli del passato prossimo. Falsificano i notiziari, i prodotti alimentari e costruiscono una storia parallela su tutto ciò che si vede dalla finestra (una gigantesca insegna della Coca-Cola). Avvertono i vicini di casa e tutte le persone che la donna potrebbe incontrare: l’illusione deve reggere. Mentre la recita viene messa in atto, tutti, ciascuno a modo suo, si confrontano su ciò che è stato e su come li ha cambiati.

La ragione del successo di Good Bye, Lenin! sta proprio nell’impossibile (ed esilarante) missione che si trovano a compiere i figli: ricostruire un tempo dimenticato troppo alla svelta, ma con che conseguenze? Immobilizzano così il presente della madre nel suo ultimo ricordo. Lei stessa si stupisce che nulla, ma proprio nulla, sia cambiato durante i suoi mesi di coma! Così facendo la nuova generazione che ha accolto a braccia aperte il capitalismo, e il resto del mondo, si sforza di camminare al contrario nel tempo, esplorando indirettamente cause e ragioni dei mutamenti storici.

Good Bye, Lenin!

Accogliere il mondo a braccia aperte

Ariane lavora per Burger King, ha avuto una figlia e ne aspetta un altro dal compagno Rainer, che viene da Berlino Ovest. Alex invece partecipava alle manifestazioni di protesta prima della caduta del muro, è stato lui, visto tra la folla mentre veniva percosso dalla polizia, a causare lo shock a Christiane. Dopo quei fatti, per fare qualche soldo, trova un lavoro come tecnico televisivo. È lui che ha dotato le case di parabole satellitari aprendo praticamente l’immaginario del paese alla globalità. 

Né traditori né pentiti, i figli hanno semplicemente messo il rallentatore alla storia, permettendo così di osservarla più da vicino. Così Good Bye, Lenin! più che il saluto al passato, è l’esperimento cinematografico di un graduale avvicinarsi tra est e ovest. La madre morente e la giovane nuova generazione, sono simbolo di una convivenza possibile, senza negare o cancellare nulla di ciò che è stato. Dedicandosi a questa messa in scena i figli ritrovano il piacere e i segreti della loro infanzia (tra cui le vere ragioni del padre). Christiane invece tutto sommato si scopre nell’oggi storico, seppur romanzato, ben più vicina al mondo che sognava.

Good Bye, Lenin! mostra gli anni che ha, ma ha influenzato il cinema per anni

Il film è inesorabilmente invecchiato. Molte citazioni appaiono troppo urlate (Arancia Meccanica, quando si arreda nuovamente la casa, ma anche Fellini con la statua di Lenin al posto del Cristo trasportato in elicottero). Le soluzioni visive anni ’90 come sequenze accelerate, montaggio a schiaffo e rallentatori enfatici, suonano come il linguaggio amatoriale di una satira destinata a YouTube. 

La sua idea, il cuore, però regge ancora. Prova di questo sono i suoi numerosi emuli. Ironicamente, è proprio quello che succede nel film: un’idea antica, ormai messa da parte dal rapido modificarsi della cultura, che parla un linguaggio passato, mette però i semi nelle generazioni successive. Cosmonauta di Susanna Nicchiarelli è praticamente uno spin-off ispirato al cartone animato che guardano i protagonisti da bambini. Quando, di Walter Veltroni, parte dalla stessa idea. Infine I Pionieri di Luca Scivoletto (in uscita il 13 aprile) usa i simboli, i rituali, i sogni come strumento per la commedia allo stesso modo di Good Bye, Lenin!. 

È questa una poetica fatta di piccoli protagonisti dentro una grande storia di cui potete trovare qui un approfondimento. Un cinema che invece di fermare il tempo prova a ricostruirlo. I suoi personaggi, uomini e donne comuni, marginali nei grandi cambiamenti, diventano elementi fondamentali nella riflessione sulle conseguenze della storia.

Puoi seguire BadTaste anche su Twitch! e puoi trovare la nostra intervista al regista de I Pionieri, Luca Scivoletto, a questo link.

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