L’annuncio del nuovo direttore artistico della Festa del cinema Paola Malanga, ex vicedirettrice di Rai Cinema (in aspettativa da questo incarico, dicono dalla Festa), ha scoperchiato una serie di lotte intestine al festival che vanno avanti da anni ma mai come adesso sono uscite allo scoperto. Nonostante il 90% dei festival italiani risentano di influenze politiche all’atto di fare le nomine più importanti, quello di Roma ne risente ad uno standard superiore. La Festa del Cinema di Roma non è influenzata dalla politica. È creata e gestita dalla politica. E come tale funziona con gli stessi meccanismi della politica. Questo perché ha la Regione Lazio e il Comune di Roma come soci della fondazione che lo produce (quindi sindaco e governatore sono membri del CdA e contribuiscono direttamente alle nomine, anche perché finanziano il festival), perché è stato fondato e voluto da un politico, Walter Veltroni allora sindaco, e perché è stato presieduto per tutti i primi anni da un altro politico della medesima area, Goffredo Bettini, che ne è stato ideatore e di fatto co-fondatore, e della cui presenza ingombrante (per quanto invisibile) si sono lamentati molti direttori anche dopo la fine della sua presidenza.

L’ultimo in ordine di tempo è Antonio Monda, direttore uscente dopo 7 anni, che ha chiuso i rapporti con un articolo su Repubblica di ieri in cui senza nominarlo direttamente parla di un politico le cui pressioni lo hanno estromesso da una manifestazione che, sempre parole di Monda, ha risollevato in questi anni. Il complemento utile alla lettura dell’articolo di Monda è un’altra figura, quella di Fabia Bettini, sorella di Goffredo, che in collaborazione con Gianluca Giannelli ha da sempre diretto Alice Nella Città, sezione parallela del festival che si svolge nei medesimi giorni, dedicata al cinema per ragazzi.

Per capire la questione, che è più complicata delle sole pressioni denunciate, e come si sia arrivati a questo groviglio, bisogna comprendere come arrivò la nomina di Monda e quali siano i rapporti di forza nel festival e tra le persone menzionate.

Marco Müller festa del cinema politica

Marco Müller

Nel 2015 la Festa del cinema di Roma nominava suo direttore artistico Antonio Monda dopo almeno un decennio in cui questi era stato collaboratore del festival. Sia Viaggio nel cinema americano (evento esterno alla Festa di Roma nato prima della sua fondazione) sia le masterclass della Festa, erano state conversazioni da un’ora con clip che Antonio Monda aveva condotto con Mario Sesti, selezionatore del festival e per alcuni anni direttore della sezione Extra. All’epoca la manifestazione era reduce dagli anni di Marco Müller, nominato con comune e regione di destra (la coppia Gianni Alemanno, Renata Polverini) con il mandato di cambiare tutto, rendere la festa un grande festival internazionale. Era il primo cambio “radicale” alla direzione del festival e proprio come i cambiamenti politici, doveva essere una rottura con l’amministrazione precedente. Doveva essere diverso, non doveva raccogliere nessuna eredità precedente. La festa cambiava identità perché “gli altri” avevano gestito male.

Quel tentativo di dare una sterzata alla Festa nella direzione della grande competizione internazionale, cercando anteprime mondiali e andando quindi a fare il lavoro di festival come Rotterdam o Locarno (con tutti i dovuti distinguo di budget e dimensione) era un lavoro di ricerca che non pagò. Roma come piazza per un festival di quelle dimensioni, non aveva risposto bene all’orientamento nuovo, l’afflusso era crollato, le sezioni più sperimentali come CineMAXXII non erano mai decollate e la riduzione dei grandi nomi che negli anni precedenti erano stati possibili da budget molto maggiori, aveva alienato parte di quello che era stato il suo pubblico più assiduo. In quello scenario arrivava Antonio Monda, con un’altra giunta di un altro colore (il duo PD Ignazio Marino/Nicola Zingaretti), giunto con tutto un altro spirito ancora una volta. Ancora una volta in rottura con l’amministrazione precedente, con il compito di non raccogliere quell’eredità ma cambiare identità, tornare alle origini e fare una grande Festa del cinema.

Antonio Monda

Antonio Monda

Nasce così la direzione Monda, all’opposto della precedente, con una forte impronta americana, vista la solidità dei rapporti di Monda stesso (che abita a New York da decenni e ha rapporti diretti con diversi talent importanti) e un grande clima di fiducia. Parola d’ordine: festa, cioè una manifestazione che avvicini cinema e pubblico, fatta di film per tutti ma ricercati, di grandi incontri, star popolari e nomi importanti. Il mainstream nella sua accezione migliore, che poi è ciò che già prima di Müller generava più entusiasmo nel pubblico della Festa, il cinema da Oscar più che quello da Festival. Era la sesta direzione artistica a quasi dieci anni dalla nascita del festival e il terzo cambio di identità. Già all’epoca della fine della direzione Müller però erano emerse le stesse voci e accuse formulate oggi da Monda, cioè che la nuova direzione fosse stata messa lì da Bettini per far fuori altri nemici interni e impedire a loro di diventare direttori.

Ancora peggio l’idea che girava all’epoca era che Monda fosse un uomo sicuro e di fiducia che non avrebbe fatto competizione ad Alice Nella Città, cioè che avrebbe lavorato in armonia con quella sezione senza litigarsi i film o i talent che possono sovrapporsi, quelli cioè che hanno a che vedere con cinema per ragazzi (la definizione è sufficientemente ampia e vaga per potersi litigare moltissimi titoli). Dunque quello che viene detto di Paola Malanga oggi si diceva già all’epoca di Monda e si diceva forse anche peggio! Nonostante la questione non finì sui giornali in questa maniera ma rimase chiusa nelle testate di gossip romano, le voci velenosissime che giravano erano le più varie, parlavano di un Monda assetato di potere direttivo e volevano addirittura che per avere il posto avesse fatto ammettere la figlia di Veltroni alla New York University, nella quale insegna. La Festa del cinema è finanziata dalla politica e posseduta dalla politica, dunque questo è sempre stato il clima.

Goffredo Bettini

Goffredo Bettini

Contrariamente a quel che volevano quelle voci (o forse contrariamente a quel che si aspettavano) i sette anni di Monda (due mandati più una proroga di un anno) non sono però stati un idillio con Alice. Come riporta la stessa Fabia Bettini in un articolo comparso in questi giorni su The Post Internazionale “In questi 7 anni ci sono stati momenti di dibattito e di confronto tra Alice e l’ex direttore della Festa, lo sanno tutti i distributori e gli addetti ai lavori, non è un segreto”. Un dibattito e un confronto quantomeno acceso, che nel tempo hanno molto indurito i rapporti tra la direzione di Monda e quella di Alice Nella Città. Tanto che la stessa Fabia Bettini da Facebook a dicembre aveva auspicato un cambio indicando anche quella che secondo lei sarebbe stata una direzione proficua da seguire: “Colgo l’occasione per augurare alla Festa del cinema […] di aprirsi di creare un nuovo corso, che gli consenta di instaurare, un rapporto forte e continuativo con la città, costruendo un progetto davvero aperto e inclusivo che possa vivere 365 giorni l’anno, non solo 10 giorni. Una Festa non ombelicale che possa essere davvero sentita in città’ che valorizzi le sue tante bellezze così invidiate nel mondo”.

Gli astri intanto erano in posizione per un nuovo cambio. L’anno di proroga del mandato di Monda stava per scadere e a Roma era arrivato un nuovo sindaco, Gualtieri, cosa che cambia la composizione del CdA. Inoltre visto il suo peso al sindaco è spettato decidere sia il nuovo presidente, identificato in Gian Luca Farinelli, stimatissimo direttore della Cineteca di Bologna, sia un nuovo direttore artistico. È qui che Monda fa le sue accuse di pressioni politiche ai suoi danni. Perché l’area politica di riferimento dopo anni di sindaci di destra o dei 5 Stelle, è tornata ad essere del PD di Goffredo Bettini. Sono accuse molto dure che tuttavia non sono rimaste nell’aria senza che qualcuno le raccogliesse e che sì fanno forza del fatto che quel che è stato detto delle nuove nomine, la direzione che faranno prendere al festival non è distante da ciò che auspicava Fabia Bettini nel suo post.

Fabia Bettini

Fabia Bettini

Nell’articolo comparso su The Post Internazionale, Fabia Bettini parla anche di lettere anonime con minacce da lei ricevute (di quelle scritte con ritagli di giornale), e non è stato da meno Goffredo Bettini stesso, che in un post su Facebook ha risposto punto per punto all’articolo di Monda su Repubblica (sbagliando a vantare grandi nomi americani anche prima della direzione Monda in un elenco in cui compaiono anche talent che, all’epoca, Monda aveva portato come collaboratore delle masterclass).

Sono risposte che seguono per l’appunto l’articolo a firma Monda comparso su Repubblica ma anche il terminale di due campagne stampa lunghe e sfiancanti condotte su una galassia di siti come Dagospia da una parte e su Repubblica dall’altra (quotidiano con cui da tantissimi anni collabora Monda), fatti di gossip da un lato e articoli molto grandi con pesanti endorsement nei confronti di Monda dall’altra (il più clamoroso riporta virgolettati di Meryl Streep, Scorsese, David Lynch, Don DeLillo, Wes Anderson e tutti i grandi contatti americani che negli anni Antonio Monda ha coinvolto nella festa che chiedono la sua riconferma).

È chiaro che è totalmente inusuale che un quotidiano nazionale faccia campagna in questa maniera, con quasi un articolo al giorno nell’ultima settimana, per il direttore di un festival di cinema, ma è anche un indicatore evidente che quella posizione è realmente un asset politico, altrimenti un quotidiano (che della battaglia politica fa il suo pane) non avrebbe interesse a schierarsi, accreditandosi e confermandosi come strumento indispensabile alla politica per condurre le proprie battaglie.

Durante i sette anni di Antonio Monda alla direzione della Festa del cinema l’impressione era che la manifestazione, pur non avendo mai rinunciato a retrospettive, presenza di cinema indipendente da tutto il mondo e una quota di film italiani sempre molto molto parca (fin dalla prima edizione, anche perché nel frattempo la concorrenza di Venezia si era fatta sentire molto soprattutto su quel versante), avesse sterzato di nuovo rispetto agli anni di Müller, rinunciando apertamente alle anteprime mondiali.

Paola Malanga

Paola Malanga

Antonio Monda stesso ha spesso ripetuto che il concetto di anteprima mondiale è un’ossessione della stampa e non del pubblico, al quale non interessa dove un film sia già stato proiettato, gli importa solo che sia buono. Cosa vera che tuttavia ne omette un’altra, cioè che l’anteprima mondiale è un blasone che attira talent (presenziano in massa solo al primo festival in cui è presentato il loro film) e attira stampa internazionale (che presenzia in massa là dove sa che avrà le primizie e i talent di cui sopra), che avere un film in anteprima mondiale è un segno di grandissima forza di un festival perché è la premiere più importante di tutte, attirarli è un segno di grandezza e non un’invenzione. Certo è che per la particolare natura di Antonio Monda, la sua vita newyorkese e la sua invidiabile rete di conoscenze e amicizie, un’anteprima mondiale non è indispensabile perché la maggior parte dei grandi nomi che la Festa del cinema ha attirato nei suoi 7 anni non sono venuti con un film, ma sono venuti per gli incontri con il pubblico.

Antonio Monda insomma non ha potuto non creare un festival Monda-dipendente, che più che maturare un blasone autonomo in questi anni, uno che potrà essere portato avanti dopo di lui, perde la sua capacità attrattiva assieme al suo direttore e torna dove era 7 anni fa. Non sarà per niente facile per Paola Malanga replicare quel tipo di circolazione di grandi nomi e quel tipo di cinema mainstream d’autore che negli anni è sempre stata l’identità con la quale la Festa era più a suo agio. Ma del resto già dalle prime indicazioni di Farinelli sembra che il ciclo di distruzione del passato tipico dell’alternanza politica non si sia interrotto: “Ho stima di Monda, credo abbia diretto in maniera esemplare il festival, ma dal sindaco ho ricevuto il mandato per fare una festa diversa con una dimensione cittadina, prolungata tutto l’anno, molto più articolata nella città e in dialogo con il cinema italiano. Dunque c’era bisogno anche di una direzione diversa”. Cambiare, rimuovere tutto quel che è stato fatto, ciò che non va sullo stesso livello di ciò che ha funzionato, e ricostruire da capo. Nuova identità, nuovo tutto. Per l’ennesima volta.

DISCLAIMER: L’autore dell’articolo è stato consulente della festa del cinema di Roma dal 2009 al 2012

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