Gli occhi rossi di Cillian Murphy non sono quelli dovuti alle allergie stagionali, ma sono quelli inseriti nel teaser trailer di Red Eye. Ancora prima dei depistamenti dei Marvel Studios e delle campagne virali del Cavaliere oscuro, il film di Wes Craven arrivava in sala accompagnato da uno spot promozionale con un colpo di scena leggendario. Il teaser, che trovate qui sotto, parte come una tipica rom-com.

Lisa è una donna in carriera. Si imbatte per caso nell’affascinante Jackson mentre è in coda al check-in dell’aeroporto. I due iniziano un flirt, immaginando che debba limitarsi al breve incontro al bar prima dell’imbarco. Invece il caso (?) ha voluto che i due fossero vicini di posto nell’aereo. Il volo potrebbe quindi riservare grandi sorprese. Salvo che… ecco che arriva un mascherino nero sull’occhio e un fascio di luce che cambia l’iride azzurrissima di Murphy in un demoniaco rosso sangue!

Saltare da un genere all’altro 

Il gioco tra generi è presente, ovviamente, anche nel film. Dal momento che c’è Wes Craven alla regia, questo passaggio tra una commedia romantica e un thriller ad alta quota funziona benissimo. Solo che, nel film, il Red Eye del titolo sta a indicare il volo notturno che devono prendere i due personaggi. Quello scomodo, ad ora tarda, dove non si riesce a fare una dormita piena e si arriva all’alba con, appunto, gli occhi rossi. 

Il teaser faceva presagire dei poteri soprannaturali di Jack Rippner (che suona un po’ come Jack lo squartatore), mentre nel film si scopre che è “solo” parte di un’organizzazione terroristica che mira a far fuori il Vicesegretario della Sicurezza Interna degli Stati Uniti. Ha bisogno dell’aiuto di Lisa, che dirige l’albergo in cui si trova in quel momento il politico da assassinare. 

Red Eye in uno scavalcamento di campo

Red Eye è un buon film di genere, o per meglio dire, di generi. Uno di quelli che facevano furore nell’epoca dei videonoleggi. Breve durata, doppio target (maschile e femminile) e un PG-13 al limite (nonostante la scena della penna) che permetteva di essere una visione che intrattiene senza turbare.

Nell’operazione commerciale c’è però anche tanto mestiere in regia. Il passaggio da un genere all’altro si può notare qualche scena prima del colpo di scena esplicito. Durante il dialogo al Tex-Mex Craven usa una rapida sequenza di campo e controcampo. Si parla del più e del meno fino a che il discorso non si concentra sulla nonna di Lisa. La sua morte è il motivo per cui la ragazza sta affrontando il viaggio. La descrive come: “Una donna dinamica, non la sconvolgeva niente, era un’inguaribile ottimista”. In quel momento il montaggio fa uno scavalcamento di campo.

Un errore, voluto, che turba la percezione di dove siano collocati i personaggi, crea una piccola dissonanza spaziale che fa avvertire in maniera subliminale che qualcosa non va. Innesca il senso di pericolo. Subito dopo Jackson si presenta, svelando l’assonanza del suo nome con Jack the Ripper. Il cattivo si è rivelato qui, a chi è stato attento. A Lisa, per capirlo, servirà ancora qualche ora. 

Red Eye

Un cast che riesce a rendere interessante una storia già vista

Sempre nel 2005 Cillian Murphy aveva recitato come villain in Batman Begins. Preso da una passione per i cattivi ci teneva particolarmente a interpretare Jackson in quello che tuttora definisce un leggero B movie. La definizione è corretta e anche se l’attore si sente un po’ in colpa nell’aver fatto un’interpretazione monocorde, non gli era richiesto di più. 

La grande intuizione del casting è stata Rachel McAdams reduce da Mean Girls e Le pagine della nostra vita. È l’unica che può lavorare con un arco narrativo, seppur pur minimo. Si trasforma da donna dinamica (come sua nonna) capace di tenere la pressione sul lavoro a un’eroina action che deve imparare a combattere.

Ha il solito trauma del passato (ininfluente) e il classico padre ansioso (un Brian Cox onnipresente in quegli anni con ruoli che andavano da Troy e la saga di Bourne a Match Point). Si deve liberare con un po’ di ingegno in un gioco tanto fisico quanto psicologico. Carl Ellsworth, sceneggiatore al suo primo lungometraggio, ha scritto il film con in mente Sean Penn e Robin Wright. Una coppia molto più banale di quella che abbiamo avuto sullo schermo.

Il fatto è che McAdams aveva interpretato “la bella” con sistematicità, perciò quando viene forzata all’azione il fatto che il suo personaggio se la cavi stupisce di più. Pure Rippner se ne stupisce. Dice di averla osservata per mesi e, un po’ come gli spettatori, di sapere tutto di lei. Invece il bello di Red Eye arriva proprio quando questo personaggio da commedia romantica inizia a fare sul serio e ad adattarsi al thriller. 

Un film di serie B, è vero quello che dice Cillian Murphy, ma anche un grande centro per Wes Craven. Uno di quelli che avrebbero potuto chiudere bene la sua filmografia e il discorso sul cinema che legge se stesso. Gli occhi rossi non sono quelli dell’assassino, molto umano e per nulla soprannaturale, ma non sono nemmeno quelli che vengono, per la commozione, guardando un film rosa-strappalacrime. A partire dal titolo questo film è un inganno. Uno di quelli piacevoli in cui cadere.

Red Eye è su Netflix

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