Principalmente tra il 1968 e il 1983 Maurizio Costanzo (morto oggi a 84 anni) è stato uno sceneggiatore di film italiani. Dopo i primi anni di attività giornalistica e di autore e creatore di trasmissioni radiofoniche con A qualsiasi prezzo esordisce come sceneggiatore. Il tono è più o meno da subito quello che caratterizzerà la sua carriera al cinema, quello della commedia o commedia romantica. Quasi tutti i film co-scritti da Costanzo girano intorno ai commedianti o comici degli anni ‘70, sempre molto tradizionali nell’impianto, sempre ben poco clamorosi con velleità originali ma una sostanziale formulaicità di fondo. 

Da subito non c’è una grande personalità né un’eccezionale desiderio di scrivere qualcosa di originale, le sceneggiature a cui collabora sono veicoli per gli attori che contengono a partire da I quattro del Pater Noster, quasi-parodia di I quattro dell’Ave Maria, che usciva nel medesimo anno con Bud Spencer e Terence Hill. Lì c’erano Enrico Montesano, Lino Toffolo, Oreste Lionello e Paolo Villaggio. È un western nella forma spaghetti (o forse meglio dire fagioli) all’acqua di rose, tutto imitazione più che altro, in cui pure l’umorismo funziona con pigrizia. 

Il dato interessante è che anche nell’attività di sceneggiatore Costanzo sembra mostrare quella che sarà sempre la sua dote maggiore, cioè il senso del gusto del pubblico che traduceva in una capacità non comune di intercettare talenti, capirli e valorizzarli. La sua collaborazione con Paolo Villaggio lo porta a co-sceneggiare gli episodi televisivi di Giandomenico Fracchia, prove generali di Fantozzi. Il libro Fantozzi era già uscito da 4 anni, il film sarebbe uscito l’anno dopo, ma in quegli sketch televisivi diretti da Antonello Falqui, che la loro natura televisiva la denunciavano senza appello, c’erano gag, dinamiche e anche una forma di recitazione che poi sarebbe stata quella del Fantozzi realizzato con Salce. Tuttavia se una delle caratteristiche dei primi due film di Fantozzi (sceneggiati con Benvenuti e De Bernardi invece di Costanzo) era proprio la capacità di disegnare il mondo intorno al protagonista non solo con scrittura ma anche con costumi e scenografie di meticolosa elaborazione, i Fracchia di Falqui erano l’opposto, cioè il massimo del buon gusto e delle buone immagini, in cui anche le figure dei megadirettori sono più vicine a maschere tradizionali della commedia dell’arte.

Sempre in quegli anni inizia con qualche commedia a scrivere per Pupi Avati. I due già sì erano incrociati lavorando a Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini. Costanzo aveva collaborato ad una prima versione dello script poi rigettata mentre Avati aveva messo mano a quella definitiva. Prendono le misure con Bordella (satira della situazione della prostituzione a Milano) e poi con il film successivo centrano (insieme a Gianni Cavina) il cult: La casa dalle finestre che ridono. Da quel momento Costanzo collabora a quasi un film l’anno di Avati fino al 1983 quando con Zeder provano a replicare la fuoriuscita nell’horror trovando però un esito di gran lunga inferiore.

In mezzo ci sarà la partecipazione alla sceneggiatura di Una giornata particolare di Ettore Scola (unico vero momento di cinema della sua carriera da sceneggiatore) nel 1977 e nello stesso anno la scrittura e regia di Melodrammore. È l’unico lungometraggio di cui Costanzo sia stato regista e, si intuisce, promotore principale, una specie di omaggio ai grandi melodrammi degli anni ‘50 di Raffaello Matarazzo. È la storia di un attore, Enrico Montesano, che dovendo interpretare un melodramma vecchio stampo si reca da un attore di melodrammi degli anni ‘50, Amedeo Nazzari, a chiedergli consiglio. Nazzari era davvero l’attore feticcio di Raffaello Matarazzo e questo momento di metacinema in cui Nazzari (personaggio) mostra a Montesano (personaggio) spezzoni dei suoi film è il cuore di un film che per il resto vaga dalle parti della commedia senza idee. Ma ci sarà anche L’altra metà del cielo con Adriano Celentano e Monica Vitti e Culastrisce nobile veneziano sempre con Celentano (in una parte minore però) e Mastroianni come protagonista. 

Quello sceneggiato da Costanzo è un sottobosco di film minori spesso con attori maggiori o personaggi della televisione maggiori, esperimenti nella maggior parte dei casi fallimentari di commedie moderate e annacquate, che lisciano nella maggior parte dei casi il successo dei suoi collaboratori. Fracchia prima che esploda Fantozzi, Celentano prima che arrivino i suoi film di reale successo degli anni ‘80, Mastroianni al di fuori dei suoi momenti migliori (escluso Una giornata particolare, ovviamente), Monica Vitti al suo peggio. Anche Christian De Sica, futuro campione di incassi, è in diversi film sceneggiati da Maurizio Costanzo senza che questi raggiungano mai un livello minimo di notorietà o decenza.

Dopo il 1983 la carriera da sceneggiatore per il cinema sostanzialmente finisce e comincia un’attività televisiva molto più intensa di quella degli anni ‘70, e anche molto più completa. Le sceneggiature le scriverà per la televisione, farà anche l’attore in quella che è considerata la prima sit-com italiana (Orazio, un prodotto genuinamente Fininvest a tutti gli effetti che mette insieme Sabina Guzzanti e Alessia Fabiani), tornando solo 20 anni dopo a firmare follie per il grande schermo come l’instant scult da annali del cinema Troppo Belli, con Daniele Interrante e Costantino Vitagliano o Passo a due, veicolo per il ballerino Kledi Kadu. Sono tutti nomi di una factory televisiva creata da Costanzo che dovevano essere nuovi talenti scoperti (o almeno nuovi volti di richiamo) ma che non hanno avuto il successo o la riuscita delle sue scoperte precedenti.

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