C’è chi direbbe che Star Wars è l’Impero. Non dal punto di vista narrativo, naturalmente: l’Impero Galattico della saga ha indiscutibilmente il ruolo di villain, di antagonista e di incarnazione di tutto ciò che c’è di oscuro nella galassia, un regime dittatoriale spietato e inarrestabile che ha segnato il punto più oscuro dei molti millenni di storia della galassia, e diversamente non potrebbe essere, come parto concettuale dei Signori dei Sith che del lato oscuro della Forza sono emissari, campioni e incarnazioni.

Premesso questo: che antagonista! Probabilmente nessuna forza “nemica” nella storia della narrativa popolare ha saputo imporsi, lasciare il segno e colpire l’immaginario come l’Impero Galattico di Star Wars: a livello estetico, le sue truppe, i suoi veicoli e le sue astronavi sono a modo loro tutti minacciosi e memorabili, a livello personale, Darth Vader, l’Imperatore Palpatine, il Gran Moff Tarkin e tutta la schiera di antagonisti che rende la vita complicata agli eroi sono figure che bucano lo schermo e lasciano il segno, e perfino a livello musicale può vantare una sua ‘marcia’ che grazie al genio di John Williams è entrata nella storia delle colonne sonore e della musica.

Ironicamente, l’Impero Galattico può vantare una vita più longeva nella nostra galassia che in quella di appartenenza: se a casa nostra i caccia TIE, gli AT-AT, gli Star Destroyer e le Morti Nere continuano a imperversare sul grande e sul piccolo schermo da quasi cinquant’anni, nella galassia di Star Wars il regime instaurato dall’ex-cancelliere e sedicente Imperatore Sheev Palpatine è durato a malapena un… ventennio (potremmo bollarla come una curiosa coincidenza, ma che l’Impero Galattico sia stato creato, tra le altre cose, sul calco delle dittature ‘terrestri’ del secolo scorso è il segreto di… Jar Jar Binks).

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Per buona parte della sua carriera ‘terrestre’, l’Impero Galattico ha svolto il ruolo di cattivo per eccellenza, ostacolando il cammino degli eroi in molteplici incarnazioni, dai cacciatori di Jedi dell’Inquisitorius agli agenti dei servizi segreti dell’ISB, ed è un ruolo che gli riesce tuttora benissimo: erede spirituale del perfido impero di Ming il Crudele che imperversava sul pianeta Mongo di Flash Gordon, l’Impero continua a essere una fucina affidabile e interminabile di assaltatori che sparano, non colpiscono e vengono colpiti, di ufficiali arroganti da raggirare e surclassare in astuzia e di tenaci ma sfortunati agenti speciali destinati a essere seminati e sconfitti dall’eroe di turno. E probabilmente non potremo mai farne a meno.

Tuttavia, con l’apertura di qualche spiraglio su uno Star Wars più ‘adulto’, prima col celebrato Rogue One al cinema nel 2016 e poi col rivoluzionario Andor su Disney+ l’anno scorso, è affiorata la possibilità di inquadrare l’Impero sotto una luce meno pulp e action oriented e di guardare in faccia da vicino tutte le implicazioni più crude e inquietanti che sono intrinseche in ogni regime dittatoriale. I villain macchiettistici destinati a essere sconfitti e a reclamare vendetta inutilmente alla fine di ogni episodio hanno lasciato gradualmente e temporaneamente il passo a figure più complesse e più realistiche, figure che pur non nascondendo la loro negatività sono emersi come individui fallati e sfaccettati di cui è possibile se non giustificare le azioni, quanto meno capire cosa li abbia portati al servizio di una spietata macchina da guerra. È il caso del direttore Orson Krennic interpretato da Ben Mendelshon in Rogue One, ma anche dell’ufficiale Dedra Meero di Denise Gough dello sfortunato ma tenace Syril Karn di Kyle Soller in Andor, tutti personaggi che hanno da raccontare una storia tutta loro, e che non vivono di luce riflessa della storia degli eroi, come accadeva nelle produzioni più tradizionali. Anzi, verrebbe da dire che gli stessi eroi e la stessa Alleanza Ribelle si ritrovano a vivere di luce riflessa di questa rilettura più adulta dell’Impero, dando vita a loro volta a storie più sofferte e fallaci come quelle degli eroi senza speranza di Rogue One o facendo luce sugli aspetti più crudi e meno glamour dell’Alleanza Ribelle, come lo splendido Luthen Rael ci Stellan Skargard ci insegna.

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A coronamento di questa ‘crescita’ dell’Impero giunge ora un volume di ventura pubblicazione per i tipi della casa editrice DK, The Rise and Fall of the Galactic Empire, firmato dall’autore Chris Kempshall. L’opera, di taglio diverso dai normali romanzi, fumetti e altre opere narrative tradizionalmente associate a Star Wars, sarà concepita come un saggio che tenterà di esaminare il ventennio Imperiale dal punto di vista storico in-universe, esaminando quindi sì le grandi battaglie, la genesi del regime negli ultimi giorni dell’Era Repubblicana e le macchinazioni di Palpatine che hanno portato alla sua nascita, ma anche le ripercussioni sulla popolazione, gli aspetti nella vita quotidiana, le molte vicende e i molti conflitti su scala più locale e limitata e così via.

A simulare fino in fondo la formula del saggio ‘reale’ stilato dopo la caduta dell’Impero, Kempshall userà un alter ego fittizio, un abitante della galassia lontana lontana, che pur se fugacemente abbiamo già avuto modo di conoscere: Beaumont Kin, membro della Resistenza nell’epoca del Primo Ordine che abbiamo visto interpretato da Dominic Monaghan in Episodio IX. Nella pellicola di JJ Abrams, Kin svolgeva appunto il ruolo di uno storico e di uno studioso (dimostrando anche un minimo di infarinatura nelle vicende e nelle conoscenze proibite dell’ordine Sith), e sarà attraverso i suoi occhi e le sue ricerche che Kempshall tenterà di scrivere il trattato definitivo sull’ascesa e la caduta nell’Impero Galattico.

Un tentativo di produrre qualcosa di nuovo e di originale sul fronte librario, che contribuisce all’evoluzione e alla ‘crescita’ dell’Impero nella sua incarnazione più moderna, sfaccettata e realistica, e che promette anche di fare ordine e di collegare debitamente tutte le produzioni ambientate in quella fascia temporale, che iniziano a essere numerose: non solo i film della trilogia classica e Rogue One, noti ai più, ma anche serie come The Bad Batch, Obi-Wan Kenobi e Rebels. Fondere le linee narrative presentate in modo frammentario in un’unica narrazione di taglio ‘storico’ potrebbe offrire una visione d’insieme del periodo storico Imperiale non solo necessaria per destreggiarsi in una continuity che si è fatta fitta e intrecciata di eventi, ma potrebbe essere anche il modo più elegante per celebrare quello che è il periodo starwarsiano che più di ogni altro continua ad affascinare e a intrigare lettori, spettatori e appassionati. Augurando in bocca al lupo a Chris Kempshall per il suo lavoro, non possiamo che congedarci con un proverbiale, e storico… “Osserveremo la tua carriera con molto interesse!”

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