Chi ha visto Topolino e il cervello in fuga (Runaway Brain) non se l’è dimenticato. Ce l’ha impresso negli occhi di bambino, e se lo gode come una deriva assurda e horror dei cartoon d’infanzia. Tutti gli altri si possono considerare come spettatori tutelati dalla Disney degli anni ’90. Quella che ha prodotto uno dei cortometraggi per bambini più spaventosi di sempre per poi metterlo sotto chiave e non farlo vedere. Quando nello studio si cita il titolo, è solo ad uso interno per ricordare agli animatori cosa non fare mai con il personaggio. Una follia sperimentale, nata da una forte crisi di identità, ma anche un cimelio imperdibile da recuperare nelle notti più nere e lunghe.

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Nella prima scena Topolino è una sorta di hikikomori, pallido e con le occhiaie. Gioca furiosamente a un videogame di Biancaneve e i sette nani. Minnie entra in casa e lo sprona a uscire, salvo scoprire che il fidanzato si è dimenticato il loro anniversario. Topolino per rimediare promette una costosissima vacanza che sa di non potersi permettere. Vede sul giornale un annuncio del dottor Frankenollie che promette un’ingente salario per una giornata di lavoro senza pensieri. Tra il vento e i lampi, il malcapitato si reca nella villa gotica dello scienziato pazzo dove è catturato, e inchiodato a una sedia. Ammanettato su quella che sembra una postazione per l’esecuzione capitale, riceve una scarica elettrica che gli mette il cervello nel corpo di un gigantesco Gabadilegno (chiamato Julius). Le sue precedenti spoglie assumono invece una personalità animalesca e selvaggia.

Disperato il gigante (buono) scuote il Dr Frankenollie, ma la pelle si polverizza lasciando solo uno scheletro inerme. Il Topolino posseduto dal cervello selvaggio di Julius vede una foto di Minnie e fugge dal laboratorio per rapirla. Il gigante e il mostro combattono nelle strade di Topolinia mentre la povera vittima non capisce cosa stia succedendo. Un’accidentale scarica elettrica rimette a posto le due personalità e i due riescono a fermare Julius. Il corto si conclude con i fidanzati che viaggiano alle Hawaii su un gommone trainato dal gigante che nuota avendo davanti a sé le foto di Minnie.

Topolino e il cervello in fuga

Questo delirio horror nacque in un periodo di grandi ripensamenti sul ruolo del personaggio all’interno della Disney. Dopo i tentativi di Eisner di rilanciare la Disney Animation, Topolino era rimasto in una posizione marginale. Mentre Aladdin, La Bella e la bestia vincevano importanti premi, sembrava non esserci più spazio per il topo simbolo della casa. 

Nel 1988, al sessantesimo anniversario della nascita, tentarono una serie di redesign che portassero nuova linfa, in ottica di un rilancio agli occhi delle nuove generazioni. Nel 1990 George Scribner diresse Il principe e il povero, con un nuovo Topolino moderno e accattivante, che accompagnò l’uscita di Bianca e Bernie nella terra dei canguri. Il fallimento di uno, significò l’anonimato dell’altro. 

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Dopo l’ennesimo colpo mancato, persero fiducia. I progetti di restilyng venivano affidati ai registi e agli animatori tra un progetto e l’altro. Si ponevano tante idee sul tavolo, ma quasi nessuna veniva poi effettivamente prodotta. Con questo spirito Chris Bailey propose Tourist Trap, l’antesignano di Topolino e il cervello in fuga. Da quel poco che conosciamo della trama sappiamo che la minaccia arrivava da Paperino che avrebbe cercato di farlo fuori durante una vacanza. La proiezione degli storyboard fu fallimentare, ma Jeffery Katzenberg volle dare una seconda possibilità a Bailey. Chiese di riscriverlo, ma conservandone lo spirito. 

Paperino killer era inaccettabile, così il progetto assunse la forma di un “dottor Jekyll e Mr Hyde”, ma non meno inquietante. In una prima versione il videogioco che si vede in apertura era di Bambi. Avremmo sentito degli sparo dall’esterno della casa, vedendo poi Topolino che puntava un fucile virtuale nel videogioco. “Per niente al mondo!” fu la risposta degli executive all’idea.

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In una prima versione il mostro sbavava continuamente verso Minnie, ma fu giudicato eccessivo e venne rilavorato. Ad una proiezione interna il corto ebbe una risposta molto positiva, ma la Disney faticava a puntarci con convinzione. Topolino e il cervello in fuga arrivò addirittura a Cannes e a competere agli Oscar del 1966 perdendo però contro Una tosatura perfetta di Wallace e Gromit. Eppure non vennero prodotti oggetti di merchandise e lo studio tenne un atteggiamento molto prudente. Non volevano farlo vedere. 

Bailey lasciò la Disney, ma il suo film continuava a uscire dalle strette maglie dello studio. In alcuni territori (tra cui l’Italia) arrivò insieme a In viaggio con Pippo. In altri con Il Gobbo di Notre Dame. Ma non lo trasmisero mai su Disney Channel, come era consuetudine fare con i corti.

Nel 1996 gli spettatori statunitensi avrebbero dovuto vedere Topolino e il cervello in fuga prima di La carica dei 101. Ma con un messaggio all’ultimo minuto diffuso a tutti gli esercenti che proiettavano il film, la Disney chiese di non mandare il corto e al posto suo di fare i trailer dei loro lungometraggi in uscita.

Tutt’ora non è possibile vedere l’opera su Disney+. Continua quindi il tentativo di far dimenticare un lavoro effettivamente problematico per l’immagine “aziendale” pulita e family friendly di cui il personaggio è il più importante simbolo. Ma come succede quando si cerca di nascondere qualcosa, questo assume un’aura mitica. Con il web poi, è sempre più complesso impedire la visione a chi voglia reperire un esperimento come questo.

Il silenzio attorno a Topolino e il cervello in fuga fa quindi rumore, creando un piccolo culto e molte leggende che stanno sortendo esattamente l’effetto opposto di quello desiderato.

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