Freaks Out è su SKY / NOW e Prime Video

Non sono tantissimi quelli che hanno visto Freaks Out al cinema, sicuramente meno di quello che il film si sarebbe meritato. Sarà stata la pandemia, la durata su carta eccessiva, la difficoltà nel vendere un film così sfaccettato o la generalizzata sfiducia verso il nostro cinema che ancora piaga il pubblico italiano che neanche Lo chiamavano Jeeg Robot è riuscito a scacciare, fatto sta che il blockbuster di Gabriele Mainetti ha incassato meno di quanto avrebbe potuto. Ora però è passato abbastanza tempo dall’uscita che Freaks Out è arrivato in streaming, ed è qui che potrebbe trovare una seconda casa e l’occasione per esplodere finalmente e venire riconosciuto per quello che è: grande cinema.

Vi aspettavate che scrivessimo qualcosa di più banale tipo “un grande film italiano sui supereroi”? Non stiamo discutendo che lo sia, ovviamente, ma il nostro punto è un altro: per quanto sia stato presentato e venduto come tale, e per quanto Freaks Out contenga senza dubbio tantissimi riferimenti narrativi e visivi agli universi supereroistici che abbiamo visto al cinema negli ultimi decenni (X-Men su tutti, se chiedete a noi), descriverlo come “film di supereroi” è fuorviante e limitante. Non perché sia un male di per sé essere un film di supereroi, ma perché i mattoncini che lo compongono, le ispirazioni i riferimenti e le citazioni, vanno a pescare anche in altri generi, in altri mondi e in altri immaginari. Il bello di Freaks Out non è che sia un film di supereroi italiano; il suo bello è essere un mostro di Frankenstein, una creatura multiforme nata dall’incontro, e a volte anche scontro, con tante sensibilità, tanti riferimenti e tanti generi diversi.

 

Freaks

 

Per esempio, in Freaks Out troverete tantissimo Il mago di Oz. Che non a caso viene citato per nome e cognome, ma la sua influenza non è solo namedropping. Uno dei modi per interpretare la storia, infatti, è leggerla come una versione bellica del romanzo di L. Frank Baum, nel quale Matilde (Aurora Giovinazzo) è Dorothy e Fulvio, Cencio e Mario (Claudio Santamaria, Pietro Castellitto e Giancarlo Martini) sono rispettivamente il leone, l’uomo di latta e lo spaventapasseri, o quantomeno una loro versione virata Tod Browning. Il mago di Oz era una grande avventura corale, ma al suo cuore stava il viaggio di formazione della protagonista; lo stesso si può dire di Freaks Out e Matilde.

Troverete anche molto Steven Spielberg, come già raccontavamo al tempo nella recensione da Venezia 78. Lo stesso spirito di avventura, lo stesso modo di infilare la psicanalisi, il rapporto genitori-figli e altre virate più o meno freudiane all’interno di un contesto di fughe, inseguimenti, sparatorie, grandi risate e grandi lacrime; e anche lo stesso modo di usare le facce: Freaks Out si apre con una sequenza circense che è punteggiata di un’infinità di Spielberg faces, per dichiarare fin dalle prime inquadrature che il suo primo scopo è sorprendere, emozionare, far divertire nell’accezione più ampia e nobile del termine.

 

Freaks Out nazi

 

Sempre in tema Spielberg, ci troverete anche una grande quantità di nazisti da operetta. Ci sarebbe tantissimo da dire sul modo in cui la figura del generico nazista è cambiata al cinema, e quanto Spielberg e i suoi Indiana Jones l’abbiano influenzata, plasmata, fino a trasformarla in qualcosa che è contemporaneamente l’emblema del Male Assoluto e senza redenzione e intrinsecamente ridicolo. Il Franz di Franz Rogowski è un mix tra Arnold Toht, il nazista di I predatori dell’arca perduta, e un villain burtoniano (e quindi indirettamente spielberghiano), e la gioia con cui i generici nazisti senza nome e quasi senza volto vengono fatti saltare per aria per tutto il film profuma di anni Ottanta, di Indy ma anche di Wolfenstein 3D e di qualsiasi altro prodotto di intrattenimento con i nazi uscito negli ultimi quarant’anni.

Per par condicio va detto che oltre ai nazisti da operetta troverete anche i partigiani da operetta: in ossequio al suo tono quasi fiabesco, Freaks Out è popolato quasi esclusivamente di personaggi sopra le righe, un trattamento che non risparmia neanche i buoni, in particolare quelli guidati dal Gobbo/Max Mazzotta. Prenderlo come un film storico, o vivaddio realistico, sarebbe un errore clamoroso: è ambientato durante la Seconda guerra mondiale perché le cose di cui parla (l’accettazione del diverso e di noi stessi, la differenza che c’è tra la c.d. “gente normale” e i freak, l’inclusione, il valore della famiglia et cetera) contrastano perfettamente con quel periodo storico ed è quindi facile farle emergere spontaneamente dalla narrazione; ma l’ambientazione storica resta al servizio della storia e non viceversa, e non ha senso quindi lamentarsi del fatto che i partigiani sembrano usciti da Mad Max: è proprio quello il punto.

 

Matilde

 

Ovviamente, se è vero che Freaks Out non è solo un film di supereroi è però anche un film di supereroi e superpoteri. In questo senso è facile vederlo come la più classica delle origin story – quella di Matilde prima di tutto, che ha un potere immenso ma ha paura di usarlo perché è convinta di non saperlo controllare, ma anche quella del gruppo dei quattro che, privati della loro guida spirituale (del loro Splinter, se volete un paragone un po’ random), mettono finalmente piede nel mondo e cominciano a cercare la loro strada. È un film scritto con la voglia di trasformarlo in un primo capitolo, una storia che praticamente supplica di avere un sequel – che spiega quello che deve ma lascia aperte abbastanza domande da creare spazio per altri racconti in questo stesso universo. Il fatto stesso che abbiamo usato il termine “universo” è significativo: al di là dei superpoteri e di quello che comporta il fatto di possederli, Freaks Out è pensato e scritto con un occhio alle regole dei grandi franchise post-Marvel. E da questo punto di vista è una origin story migliore di moltissimi film dell’MCU (per non parlare di quelli DC), perché non fa il grande errore di molte origin story, cioè quello di trattenersi e tenersi il meglio per i capitoli successivi.

In Freaks Out troverete, e forse era inevitabile, anche dei difetti. Per quanto spettacolare e assurdo ai limiti della slapstick (si veda la pistola con la canna lunghissima e l’uso che se ne fa nel film), il cattivissimo Franz è anche un villain fin troppo leggibile e animato da motivazioni con le quali non è facilissimo empatizzare (a meno che anche voi non abbiate sempre fatto di tutto, compreso un genocidio, per di fare felice il Fuhrer quando in realtà quello che avete sempre sognato era che vostro fratello vi considerasse un suo pari e non inferiore a lui), e per il quale è difficilissimo piangere; e quindi si finisce per ridere di lui, anche quando il film vorrebbe tutt’altro. La scena del cannone, pur nel suo surrealismo gilliamiano, non è venuta bene come poteva. E in generale il film si perde un po’ nel secondo atto, ed esita indeciso su quale direzione prendere. Dura poco, però, e di fronte a una sequenza finale come quella di Freaks Out è difficile dire qualcosa di diverso da: datecene ancora, per favore.

Trovate tutte le informazioni su Freaks Out nella nostra scheda.

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