Venom – La furia di Carnage è arrivato su Netflix

Venom – La furia di Carnage è il più grande film della storia del cinema. Un capolavoro come se ne sono visti pochi, un gigante, un colosso con il quale chiunque si dedichi alla settima arte dovrà d’ora in poi confrontarsi. Un film classico e inappuntabile eppure sperimentale e rivoluzionario, che fa dieci passi avanti verso il futuro ma non dimentica di omaggiare il passato – che a sua volta a confronto con i risultati raggiunti da Andy Serkis, Tom Hardy e Kelly Marcel, già sceneggiatrice di 50 sfumature di grigio per dire a quali vette stiamo puntando, sembra solo un bozzetto, una brutta copia di quello che il cinema può davvero dare se si lascia il genio libero di esprimersi. Un’opera senza precedenti, e probabilmente anche senza eredi, perché chi avrà mai il coraggio di provare a sfidare questo monolite, questo monumento a tutto ciò che rende magico il cinema?

Quello che avete letto fin qui ci è parsa l’unica reazione possibile alla visione di Venom – La furia di Carnage, un film così palesemente sbagliato e sbilenco che ci ha insinuato che il problema fosse nostro – che l’opera in realtà sia talmente impresentabile da fare tutto il giro e diventare geniale, situazionista, un esperimento di destrutturazione di tutto quello che rende un film un film, talmente complesso e meta-testuale che, nella nostra ignoranza, non ce ne siamo accorti. Venom non fa nulla di male: siamo noi che non siamo all’altezza, e non siamo in grado di distinguere un cinecomic brutto, un Catwoman qualunque, da un’opera d’arte futurista, e probabilmente anche futuribile, nel senso che se nonostante tutto è riuscito comunque a incassare mezzo miliardo di dollari la possibilità che i prossimi cinecomic targati Sony assomiglino tutti a Venom è molto reale.

 

Tom

In questa rara foto dietro le quinte, Tom Hardy contempla le sue scelte di carriera e gli incassi di Venom.

 

Stiamo parlando d’altra parte di un personaggio intimamente legato a Spider-Man e che vive nell’unica versione dell’universo di Spider-Man nella quale Spider-Man non sembra esistere (?). Compare in realtà in La furia di Carnage, fugacemente, in una scena post-credits, neanche di persona ma sullo schermo di una TV, distante e irraggiungibile come solo Tom Holland sa essere (un’altra cosa che abbiamo imparato grazie a questo capolavoro). Ma è un miraggio, un sogno che con ogni probabilità non si realizzerà mai: Venom dovrà continuare a esistere ancora per un po’ in uno Spider-verso privo di Spider, a meno che non vogliate davvero credere alle suggestioni di un crossover tra Tom Hardy e l’MCU suggerito e poi “negato” anche in una scena post-crediti di No Way Home.

Ma d’altra parte Zack Snyder ha potuto lavorare due volte a Justice League, quindi vale tutto.

Anche in La furia di Carnage vale tutto: è forse questa la chiave di volta, la luce giusta sotto la quale vedere il film per apprezzarne il sublime valore. Prendete proprio Carnage, che sta nel titolo e stava già in una scena alla fine del primo Venom che suggeriva un sequel nel quale avremmo fatto la conoscenza del peggior serial killer di tutti i tempi, l’uomo più malvagio e crudele del pianeta, un completo sociopatico senza alcuna forma di empatia, il flagello di Dio, il mostro di cui aveva paura Ed Gein quando andava a dormire e teneva accesa l’abat-jour e la tapparella rigorosamente abbassata per tenere a distanza l’orrore. E qui è pure furioso! Figuratevi cosa può fare un furioso flagellatore di famiglie, un perverso picchiatore di persone, soprattutto se nel suo sangue finisce un pezzo di Venom, sufficiente a creare un clone ancora più infuriato dell’alieno che vive nella testa di Tom Hardy!

 

Woody

Una chiara citazione di Blade Runner, come si intuisce dalla presenza della pioggia.

 

Tutto questo noi lo scopriamo perché il film ce lo spiega. Il momento in cui si va più vicini a vedere Kletus Casady in azione è… durante una breve sequenza animata con le stick figures che eliminano così qualsiasi elemento realmente grafico nel paio di omicidi che ci vengono mostrati. È quello che succede quando vuoi fare un film scorretto e violento ma contemporaneamente devi tenere conto di Greg from accounting, che non perde occasione per ricordarti che il primo capitolo era di fatto un film per famiglie ed è per questo che aveva incassato un sacco di dollari, e che diventare all’improvviso troppo scorretti potrebbe essere un problema non solo per il film ma per tutta una serie di prospettive future che Greg non ha tempo da perdere a spiegarti, chiede solo che ti fidi di lui.

E quindi Venom – La furia di Carnage è un film di supereroi con un villain depotenziato dalla scrittura stessa, peggio ancora di quanto succedesse al povero Riz Ahmed nel primo film. Un supervillain il cui geniale Piano Finale Supercattivo è quello di sposarsi con la sua amata, uno snodo di trama di forma antropomorfa interpretato da quella che superficialmente potrebbe sembrare Naomie Harris ma in realtà è Andy Serkis in motion capture. Un cattivo incomprensibile, né spaventoso né empatico, davanti al quale Tom Hardy reagisce, almeno la prima volta che lo vede, nell’unico modo possibile: non capendoci nulla.

 

La furia di Carnage Tom

Tom Hardy ci mostra la sua miglior espressione da “non sono sveglio da abbastanza tempo”.

 

Tom Hardy passa molto tempo in questo film a non capirci nulla, a ripetere “io non so/non c’ero/non ho visto/non ho idea del perché questa persona abbia fatto questa cosa/ero alla stazione e dormivo tutto” e a fare la faccia stupita di quello che è sveglio da troppo poco tempo per queste stronzate. È ovviamente lui il fulcro del film – e la presenza di Kletus Casady in questo senso può essere vista come un omaggio alla necessità del villain dei cinecomic classici ma anche come una sua parodia e satira: come sarebbe un film di supereroi con il supercattivo peggiore di sempre? Sarebbe quello che è La furia di Carnage: una romcom che viene regolarmente interrotta dalle menate di un tizio in cerca di attenzione, talmente supercattivo che (scusate se ci ripetiamo) il suo piano malvagio prevede rapire un prete e sposare la sua fidanzatina dei tempi dell’orfanotrofio.

Già il primo Venom era una commedia romantica, un classico triangolo lui/lei/l’alieno parassita occasionalmente interrotto dai deliri di un multimiliardario scienziato pazzo protagonista tra l’altro del peggior combattimento finale della storia del cinema di supereroi (sì, almeno in questo La furia di Carnage è meglio). Qui, tolta di mezzo Michelle Williams che esiste solo come funzione narrativa e veicolo per portare in mezzo all’azione anche il suo futuro marito Dan, promosso dal film a inspiegabile deus ex machina, Serkis si può concentrare interamente sul rapporto tra Tom Hardy e Hardy Tom, tra Eddie Brock e il suo simbionte, e mostrarci tanti irrinunciabili momenti quotidiani che ci fanno capire quanto sia difficile per i due convivere in maniera civile.

 

Venom

La glaciale essenzialità dei set riporta spesso alla mente il von Trier più sperimentale.

 

È proprio di fronte alla scena di Venom che prepara la colazione a Eddie cantando Ella Fitzgerald, o forse quando Venom interrompe un concerto hip-hop per lanciarsi in un monologo sull’inclusione e l’accettazione della diversità prima di droppare il microfono e andarsene, o forse è quando il film ha deciso di dedicare alle galline Sonny&Cher più tempo di quanto ne avesse dedicato fin lì a Carnage, è insomma di fronte a uno a scelta di questi momenti allucinanti che abbiamo alzato le mani e dichiarato la nostra resa incondizionata. È impossibile che sia tutto come appare, che La furia di Carnage sia davvero un film ambientato in una metropoli californiana nella quale l’unica persona a vendere del cioccolato è l’anziana proprietaria del mercatino sotto casa di Eddie, in un mondo nel quale esistono gli smartphone ma non esiste Amazon, è impossibile che la scena di Carnage che infila i suoi tentacoli in un laptop creando in questo modo un’animazione in Flash che gli dice istantaneamente dove trovare la sua bella sia stata scritta con una faccia seria, che non ci sia un’altra interpretazione, un’altra chiave di lettura che ci sta sfuggendo.

Il problema è nostro, lo ribadiamo, non possiamo fare altro che arrenderci all’evidenza. Forse il punto è che La furia di Carnage è un film fatto per generare domande; per stimolare le sinapsi, allenare i neuroni. “Perché Eddie non va dal macellaio a comprare qualche chilo di cervella da dare a Venom invece di fare tutta la manfrina delle galline? Eddie Brock vive forse in un universo parallelo, una versione degli Stati Uniti nella quale non esiste il manzo, il maiale, il coniglio, il cavallo, ma solo il pollo? Perché Eddie non va al centro commerciale a fare scorta di cioccolato per qualche mese? Perché Kletus dice a Eddie che gli dirà tutto quanto, poi si arrabbia quando Eddie lo pubblica? È perché le informazioni gli sono state estratte a forza? È per questo che ha la furia? O sono i problemi coniugali? Cosa significa esattamente che Carnage «è uno di quelli rossi» come dice Venom a caso, dal nulla, senza spiegazioni, la prima volta che lo vede?

 

Naso

La cura del dettaglio nella costruzione del personaggio: a Eddie Brock ogni tanto prude il naso, e questo lo umanizza.

 

L’ultima volta che un film ci ha suscitato così tante domande e quesiti irrisolti era il 2001, e David Lynch aveva appena regalato al mondo Mulholland Drive. È possibile che La furia di Carnage sia il Mulholland Drive dei nostri tempi? O sono forse i nostri tempi che sono il Mulholland Drive di La furia di Carnage? Sono, ne siamo sicuri, le stesse domande che si è posta Kelly Marcel prima di scriverlo, e il risultato è sotto gli occhi di tutti (…coloro che sono intellettualmente ed emotivamente pronti a ricevere la benedizione che è la visione di questo film). Per cui non preoccupatevi se vedendolo vi sorgeranno spontanee domande tipo “ma cosa gli è venuto in mente?” o “ma cosa sto guardando?”: è così che funziona l’Arte, datele tempo e anche voi capirete.

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