Stanno accadendo due cose importanti a questo ultimo Festival di Roma.

Istituzionalizzati al massimo perché presenti in Concorso anche con il compito di salvatori della patria (e di Marco Müller), Takashi Miike e Johnny To hanno definitivamente fatto il salto del fosso: ormai sono il cinema di papà, sono registi di sistema festivaliero e non possono più essere trattati (soprattutto dalla generazione di critici ormai quasi quarantenni cui appartiene lo scrivente) come autori di nicchia da esaltare per il solo fatto di esistere.

Questa linea massimalista poteva avere un senso un tempo. Ora non più. Le cose cambiano, come sosteneva David Mamet.

E così, mentre Miike non è riuscito a far partire di slancio il Concorso con il suo Lessons of Evil (che ad oggi è però uno dei film migliori della rassegna competitiva più importante), To non è riuscito (a parer nostro) a infiammare nemmeno un po' un Festival arrivato ...