Cannes 68 - Chronic, la recensione
Perfetto esempio del cinema pensato per apparire autoriale senza esserlo, Chronic affligge lo spettatore senza avere nulla da offrire in cambio
Franco costruisce il film affiancando paziente a paziente, di malato in malato il suo protagonista è al centro di scene tra il quotidiano, il disperato e il divertente. Viene cacciato perchè fa vedere porno ad un uomo morente, assiste una donna che desidera morire senza aspettare che la malattia faccia il suo corso e via dicendo. Ogni volta è implicito che lui, l'infermiere David interpretato con impassibilità da Tim Roth, è più vicino a queste persone che non conosce dei loro stessi parenti. Lui con il suo atteggiamento distaccato ma presente, silenzioso ma affettuoso sembra capirli davvero. Ha perso il contatto con il mondo dei sani ed è perfettamente a suo agio con chi è vicino alla morte.
Da dove si va di qui? Da nessuna parte. Chronic, non ha nulla da dire sembra. Mentre l'infermiere aiuta i suoi pazienti in un trionfo di noia il film annaspa nel tentativo di trovare una propria chiave, un senso più grande che giustifichi la visione della noiosa quotidianità del lavoro di David. Lo sforzo dello spettatore in buona sostanza non è mai ripagato.Impossibile da seguire e molto opaco nel suo senso, il film vanta anche un finale a sorpresa di raro fastidio, un affronto conclusivo tra la banalità della chiusura del cerchio e la volontà di un ultimo grande shock che ovviamente non è tale.