Quicksand: la recensione

La nostra recensione di Quicksand, miniserie svedese di Netflix che racconta i retroscena di una sparatoria in una scuola

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In una scuola svedese avviene una sparatoria. Il giovane colpevole della strage rimane ucciso, mentre la sua ragazza finisce a processo. Potrebbe essere stata sua complice volontaria, oppure vittima delle circostanze. Non lo sappiamo. Su questo dubbio si impernia l'intera vicenda raccontata in Quicksand, produzione svedese, miniserie da sei puntate, distribuita da noi tramite Netflix. Un buon dramma adolescenziale, capace di catturare lo spettatore anche grazie ad una narrazione serrata e a delle ottime interpretazioni da parte dei protagonisti.

La protagonista della storia è Maja (Hanna Ardéhn), ragazza di buona famiglia che finisce invischiata in una relazione morbosa e pericolosa con Sebastian (Felix Sandman). Il ragazzo, di famiglia molto ricca, ha problemi di tossicodipendenza e un rapporto pessimo con il padre. Maja, con la sua stabilità, potrebbe rappresentare la sua ancora di salvezza, oppure finire invischiata tra le sabbie mobili che danno il titolo alla serie. Si parte dalle conseguenze della sparatoria a scuola, quindi dalla morte di Sebastian, e a quel punto la storia si divide in due. Da un lato seguiamo l'evolversi del processo, dall'altro ripercorriamo e scopriamo la tragica storia tra i due giovani, e gli eventi che hanno condotto al massacro.

Anche per la sua formula narrativa particolare e il suo intreccio non lineare, Quicksand sembra avvicinarsi al terreno che era stato di Tredici. L'evento tragico, che può essere un suicidio o una sparatoria, che diventa elemento per gettare uno sguardo dal futuro su dinamiche tossiche tra adolescenti. Certo Quicksand ha un intreccio più snello, meno personaggi, alcuni conflitti chiave che occupano tutte le sei puntate della miniserie. È una storia che non cerca la nostra empatia, e che quando può sospende il giudizio sui personaggi. Che poi è quello che dovremo fare anche noi, almeno in attesa di scoprire, con l'ultima scena, cosa è davvero accaduto in quella scuola.

Tredici ha una scrittura a tesi, un'agenda di temi da trattare che viene incastrata in una tragica vicenda adolescenziale. Quicksand è più sfumato, ma in quell'incertezza trova un senso la storia che si basa proprio sulla difficoltà nell'inquadrare i personaggi. Sebastian è intrattabile, violento, indifendibile, ma dovremo capire quanto di tutto ciò è stato provocato dalla figura paterna. Maja ne è succube, intrappolata tra il desiderio di essere colei che salverà il proprio ragazzo, che però esercita una forza distruttrice affascinante. E Quicksand procede di pari passo, senza mettere in mostra tutte le sue carte, consapevole che perderebbe tutto il proprio fascino. La consapevolezza sull'accaduto viene centellinata scena dopo scena, fino ad un finale che potrebbe comunque non bastare.

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