Il riuscito esperimento della prima stagione di Once Upon a Time aveva visto, per l’ennesima volta nel corso dell’ultimo decennio, un nuovo restyling dell’immaginario fiabesco, riletto anche stavolta in chiave moderna ma con meno concessioni alla cultura pop rispetto ad un qualsiasi Shrek e con una maggiore attenzione alla preservazione di quella dimensione “sentimentale” codificata negli anni dalla Disney. La scommessa, tutt’altro che sicura, della ABC era stata vinta, ma quale è stata la formula magica alla base e, soprattutto, è stata replicata in questo inizio di seconda stagione?
Innanzitutto Once Upon a Time è stata forse la prima e finora unica serie a decifrare le motivazioni del successo di Lost e a porsi nella scia della più famosa creazione di J. J. Abrams senza smarrire il sentiero. In mezzo ad una serie di produzioni che, annualmente, si autoproclamano come eredi di una delle serie di culto più note, ma recuperando di questa solamente l...
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