Abbiamo visto in anteprima i primi episodi di Monarch: Legacy of Monsters. Questo, in attesa della recensione, è un nostro parere a caldo e senza spoiler sulla serie di Apple TV+.

Per chi non l’avesse ancora capito, Monarch: Legacy of Monsters ribadisce il concetto: il secondo universo cinematografico condiviso meglio congegnato, dopo l’ovvio MCU, è il MonsterVerse. Assurdo pensarlo, ancora più assurdo scriverlo nero su bianco. Però a conti fatti, e dopo i molti fallimenti di chi ci ha provato in altri lidi, è proprio così! I film di kaiju sono generalmente semplicissimi nella struttura e nelle pretese del pubblico non esperto. Il grande show, per chi non li conosce nel profondo, sono i mostri.

Si accetta che gli umani siano spesso trascurabili strumenti di sceneggiatura che entrano ed escono dalle scene solo per dare una parvenza di trama e fare da aggancio emotivo. I terrestri sono la posta in gioco, i giganti sono il gioco. Si va per le botte. Più sono grosse, spettacolari, esagerate, meglio è. Chi li ama veramente, però, va oltre. I migliori film di kaiju sono infatti quelli che riescono a “mettere a terra” l’appagamento visivo, per entrare nel subconscio dello spettatore parlando di altro.

Il progetto della Legendary Pictures sui personaggi della Toho non ha mai brillato particolarmente per i suoi personaggi, di cui si fatica a ricordare nomi e caratterizzazione. Eppure ci sono state alcune scelte vincenti sul lato narrativo che hanno equilibrato bene la soddisfazione spettacolare con la ricerca di un livello metaforico. L’obiettivo era infatti quello di parlare della società, delle sue paure soppresse, mostrare la sua fragilità nascosta dai grattaceli scintillanti e le istituzioni. Per lo meno all’inizio.

Le mosse migliori di questo rilancio in chiave americana furono due: la decisione di trattenersi dal mostrare tutto e subito del Godzilla targato 2014 e Gareth Edwards. Insieme all’esplorazione lontana dalle grandi città di Kong: Skull Island che ampliava la percezione degli spazi di quella che nella saga chiamano “terra”. È come la nostra, con le stesse città, ma anche capace di espandersi alla bisogna trovando sempre degli angoli remoti. A volte inventandosi anche un mondo al suo interno come in Godzilla vs. Kong

Monarch mette tutte queste cose insieme.

Monarch: come fare una serie TV su Godzilla?

Monarch - Legacy of monsters

Una volta stabilito questo passo, l’universo narrativo ha iniziato a funzionare. Monarch però sulla carta, fino alla fine del primo episodio, sembrava camminare su un filo sottile tra il successo e il clamoroso fallimento. Come fare una serie tv su dei mostri che, appena appaiono, costano una quantità inenarrabile di denaro e lavoro in VFX? Come può una serie TV, per quanto ambiziosa e costosa, reggere per più episodi il livello produttivo dei film? Gli ideatori della serie, Chris Black e Matt Fraction (sì proprio l’autore di Hawkeye), hanno risolto il problema brillantemente, andando al cuore del genere, prendendone le convenzioni e mettendole in scena da un altro punto di vista. 

Monarch, un po’ come fece Agents of SHIELD, si muove all’interno degli eventi cinematografici colmando i buchi ed espandendo al contempo la mitologia, dando spunti per possibili ganci di espansioni cinematografiche. Ci sono molti meno mostri di quello che si spererebbe nei primi episodi che abbiamo visto, ma per essere una serie guidata interamente da personaggi umani è straordinariamente suggestiva. 

Ci sono più piani temporali. Il passato degli anni ’50, e un particolare presente narrativo, posto abilmente nel 2010, poco dopo il ritorno di Godzilla. Una scelta chiave per una serie che riesce ad appassionare grazie alla sua atmosfera. Si prende un po’ del brivido della scoperta di Lost, un po’ di orrore di un passato ignoto della prima parte di Prometheus (quella sulla terra). A vincere però è soprattutto la paranoia, il senso di pericolo imminente, il trauma collettivo che la società sta affrontando. Il film migliore a fare questo, dopo l’undici settembre, fu Cloverfield. Oggi, dopo il Covid, Monarch può diventare un esempio brillante di come si incarna la paura del ritorno di una forza distruttiva incontrollabile, insieme al rifiuto psicologico della morte che può arrivare all’improvviso.

Ci sono tante cospirazioni e negazionismi nel mondo di Godzilla. Un luogo dove non è facile stare ma dove, come spettatori, ad ogni angolo si scopre qualcosa. 

Una serie che fa bene quello che si propone

Monarch non è nulla di mai visto prima, si intenda, però è indubbiamente una vittoria per un MonsterVerse che riesce a variare la sua formula (che ormai sembrava costretta a un eterno ritorno dell’uguale) e a rendere il contesto narrativo in cui avvengono gli scontri interessante quanto i mostri stessi.

Un’operazione come questa serie TV riempie di senso un genere che nasce come pura vertigine spettacolare, ma che può dare anche di più. Sempre senza eccedere (la serie è molto buona, ma non straordinaria), il mostro riesce a diventare un simbolo che permette di parlare delle paure primordiali. Pur nella loro assenza per la maggior parte degli episodi – siamo grossomodo a un 15% di screentime – riescono essere presenti emotivamente nel 100% delle scene. I personaggi si comportano come se le loro vite avessero realmente fatto i conti con la fragilità. Si sentono piccoli. Sono tra i migliori personaggi umani che il MonsterVerse abbia mai avuto, quelli con cui ci si può identificare di più.

Che gioia quindi constatare che Monarch: Legacy of Monsters è capace di ravvivare l’interesse per i mostri, ampliare la loro storia e soprattutto quella di questo strampalato universo. Lo fa lavorando bene con la sceneggiatura e non solo con gli effetti speciali. Si trattiene, dà poco alla volta allo spettatore, e in questo modo ci dà il brivido di essere ritornati all’inizio di una storia in cui c’è ancora tutto da scoprire. Considerando il materiale che avevano in mano, non è poco! Il mito dei mostri è ancora vivo, ed è destinato a restare a lungo!

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