The New Look, la nuova serie targata Apple TV+, racconta della rivalità tra Coco Chanel e Christian Dior. Si parla dell’impatto del loro lavoro di stilisti sull’immaginario e la rinascita del dopoguerra, ma si affrontano anche le questioni più spinose di tutto ciò che è accaduto durante l’occupazione tedesca in Francia nella seconda guerra mondiale. Ma quanto c’è di vero e quanto romanzato dalla serie? Come dice Dior (interpretato da Ben Mendelshon) parlando con uno studente della Sorbona sulle decisioni che lui e Chanel hanno preso anni prima: “C’è la verità, e c’è un’altra verità che vive dietro questa”.

The New Look prende le mosse dalla più celebre biografia di Coco Chanel: Sleeping with the Enemy: Coco Chanel’s Secret War, un volume del 2011 scritto da Hal Vaughan. Le tesi contenute al suo interno sono state oggetto di dibattito. Una delle affermazioni più scomode per il marchio riguarda infatti la collaborazione di Chanel con i nazisti come spia, e il suo antisemitismo. La realtà, secondo altri biografi, pare essere più sfumata.

Coco Chanel e Dior durante la guerra

Durante la guerra Christian Dior continuò con il suo lavoro. Disegnava anche per i nazisti, il suo scopo era però quello di  supportare economicamente la campagna di resistenza della sorella Catherine. Lei, impegnata in prima fila, venne catturata e torturata in un campo di concentramento. 

La storia di Chanel è invece più complessa. Nata in povertà nel 1883 Gabrielle Bonheur Chanel perse la madre a 12 anni. Trascorse gli anni che la separavano dalla maggiore età in un orfanotrofio cattolico. Iniziò a lavorare come cantante nei cabaret assumendo lo pseudonimo di Coco. Questa sua prima carriera le permise importanti conoscenze con membri dell’aristocrazia Francese e Britannica. Saranno proprio questi contatti importanti a finanziare le sue prime boutique a Parigi. Ormai pienamente inserita nell’aristocrazia, divenne amica di Winston Churchill.

Secondo Hal Vaughan l’antisemitismo di Coco Chanel era palese ancora prima dell’ascesa di Adolf Hitler. Nel nel 1924 Chanel era entrata in affari con i fratelli ebrei Pierre e Paul Wertheimer per la distribuzione del suo profumo Chanel No. 5. Un accordo che non la soddisfaceva, soprattutto dopo aver constatato il successo della sua creazione. Nel film The No. 5 War di Stéphane Benhamou si accusa la stilista di aver cercato di sfruttare le leggi antiebraiche per acquisire l’azienda ai Wertheimer. Il piano della stilista fallì però insieme alla fine della guerra. 

Durante l’occupazione tedesca in Francia Chanel aveva chiuso quasi tutti i suoi negozi trasferendosi a vivere al Ritz di Parigi insieme al suo amante, il barone Von Dincklage. Intratteneva rapporti anche con i nazisti Hermann Göring e Joseph Goebbels. Quando il nipote André, membro dell’esercito di resistenza francese, venne imprigionato in Germania Chanel sfruttò i suoi legami per salvagli la vita. Sappiamo che si recò a Madrid nel 1941, un viaggio di cui mancano però ulteriori testimonianze. A seguito però il nipote André tornò a casa sano e salvo. All’incirca a ridosso di questo evento la stilista iniziò a lavorare come spia nazista. Il suo nome in codice era Westminster, per via delle sue alte conoscenze nei palazzi di potere.

The New Look Ben Mendelsohn Christian Dior

L’operazione Modelhut

Coco Chanel fu coinvolta in una missione dai contorni e dagli scopi non semplici da decifrare, la cosiddetta operazione Modelhut. L’obiettivo dei nazisti era di consegnare un messaggio a Winston Churchill sfruttando l’amicizia di Chanel. Modelhut fu ordita dal capo dei servizi segreti tedeschi Walter Schellenberg. Secondo i piani la stilista (con numero di matricola F-7124) avrebbe dovuto raggiungere il Primo ministro del Regno Unito con un messaggio: alcuni ufficiali delle SS, in autonomia rispetto agli ordini di Hitler, avrebbero avuto intenzione di porre la resa e collaborare.

Apparentemente alcuni tedeschi volevano che la Gran Bretagna ponesse fine alle ostilità e immaginavano di usare Chanel come negoziatrice. La sua speranza era di avviare in Spagna i colloqui con l’ambasciata britannica nel 1944. Non ci riuscì e venne denunciata come agente nemico. Liberata Parigi, nell’agosto 1944, la donna venne arrestata. 

Gli interrogatori non durarono molto e i francesi la rilasciarono per assenza di prove. Secondo alcuni biografi il suo rilascio avvenne grazie all’intercessione di Churchill stesso, ma non vi sono sufficienti prove ad avvalorare questa interpretazione dei fatti. 

Coco Chanel era Nazista?

Che Chanel abbia avuto rapporti, anche intimi, con i nazisti è un fatto provato, così come la sua attività di spia. Più sfumate sono invece le intenzioni con cui ha fatto tutto questo. Era una collaborazione per salvare il nipote o era mossa da reale spirito antisemita? Attraverso successive indagini, fatte dopo il rilascio, la corte ritenne che Chanel avesse collaborato con il barone Louis de Vaufreland, un traditore francese che aveva lavorato come reclutatole nazista. 

La corte riteneva che Chanel potesse aver collaborato con un traditore francese, il barone Louis de Vaufreland, che aveva lavorato in Spagna (da qui il viaggio a Madrid) come reclutatore di persone poi costrette a fare da spie per la Germania. Chanel ha sempre negato queste accuse. Accuse che però l’hanno spinta a trasferirsi in Svizzera come luogo da cui rilanciare il suo marchio.

Maisie Williams Catherine Dior The New Look

The New Look e la verità sfumata

The New Look offre una prospettiva sui fatti in favore della sua protagonista che, nella serie, appare riluttante della collaborazione con i nazisti. Nella realtà le interpretazioni sulla sua figura sono di vario tipo. Hal Vaughan sottolinea come la donna fosse “un’enorme opportunista che ha fatto quello che doveva fare per cavarsela”. Sull’antisemitismo si sono espressi anche altri biografi, sottolineando l’assenza di prove che lo attesterebbero prima dell’occupazione tedesca. 

L’autrice del libro Coco Chanel: The Legend and the Life, Justine Picardie, sostiene che definire Chanel come nazista è un’affermazione intrigante, ma che non la definisce veramente. Non crede che, conoscendo il suo pensiero sulla libertà e il suo amore per l’Inghilterra, abbia potuto abbracciare con convinzione l’ideologia.

Nel settembre 2023, in occasione della mostra Gabrielle Chanel. Fashion Manifesto, tenutasi a Londra, furono resi disponibili alcuni documenti che provano come la stilista fosse parte anche della resistenza francese con una partecipazione attiva. Un gioco su due fronti opposti la cui interpretazione ancora non ha trovato unanimità.

La verità su Coco Chanel è fatta da tanti fili intrecciati e difficili da sbrogliare in una matassa ben più complicata della trama di una serie tv. 

Fonte: SpyScape, The New Yorker, BBC

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