Per una saga con un protagonista carismatico e un gameplay efficiente, come quella che ha per protagonista il Professor Layton, rinnovarsi non è affatto facile. Lo ha fatto sul piano artistico, timidamente beninteso, abbandonando le ambientazioni vagamente fiamminghe, nei colori e nelle architetture dei luoghi esplorati, per ricongiungersi spiritualmente, già con il secondo capitolo, alla chiara fonte d’ispirazione usata da Level 5 per darne i natali, parliamo ovviamente di Sherlock Holmes e della sua Londra a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, ma in altri ambiti è totalmente assente la spinta rinnovatrice e rivoluzionaria.

Sei episodi, uno spin-off e un cross-over dopo, la serie inizia naturalmente a mostrare il fianco ad una certa ripetitività di fondo, che non si è ancora tramutata in una malattia cronica e terminale solo grazie all’abilità degli sceneggiatori del team nipponico, sempre a loro agio nel creare intrecci ingarbugliati al punto giusto, e alla sovrastruttura ludica ...