Videogiochi come Forspoken hanno il pregio di farci riflettere su quanto si sia evoluto il linguaggio dei videogiochi negli ultimi anni. In questo caso non stiamo parlando, però, di regia, narrazione o gameplay, bensì di componente tecnica. Per essere precisi, stiamo parlando delle animazioni di Frey Holland, protagonista del titolo targato Luminous Productions capace di ricorrere al parkour magico per muoversi. Durante l’avventura tra le lande di Athia, Frey salta a destra e a sinistra con estrema agilità, “parlando” con il suo linguaggio del corpo e comunicando così le proprie intenzioni.

Ma da quando i videogiochi sono diventati anche questo? Da quando hanno iniziato a raccontare in modo così dettagliato attraverso le animazioni? E, soprattutto, quanto è importante l’elemento visivo nel 2023?

Forspoken

IL MEGLIO CHE SI PUÒ FARE CON QUELLO CHE SI HA

Torniamo agli anni Novanta, quando i videogiochi 3D hanno iniziato a diffondersi in tutto il mondo. Quando titoli come Tomb Raider ci permettevano di vivere le avventure di Lara Croft, un’eroina determinata e coraggiosa. In un mondo ancorato al passato, ma intento a guardare alle tecnologie del futuro, era quindi necessario trovare delle soluzioni per far comprendere le intenzioni dei vari protagonisti digitali. Ecco che gli sforzi di Lara, per rimanere all’interno dell’esempio appena fatto, venivano raccontati tramite il sound design. Sbuffi e gemiti seguivano ogni azione della cacciatrice di tombe, trasmettendo il suo stato d’animo. Una valida scelta, vista l’impossibilità di creare espressioni complesso del corpo e del volto della protagonista.

Sono passati gli anni e ora quello che si ha a disposizione per realizzare un videogioco è una strumentazione e delle capacità nettamente superiori rispetto agli anni Novanta. Ora i personaggi possono portarsi la mano sul fianco in seguito a una ferita, possono sporcarsi i vestiti se si muovono nel fango e possono zoppicare nel caso vengano colpiti alla gamba. I protagonisti dei videogiochi moderni ora sono molto più vicini alla realtà e arrivano in modo più diretto al cuore e alla mente del videogiocatore. Certo, si è perso il dono della sintesi e della capacità di “andare al risparmio”, ma è evidente che alcuni generi videoludici abbiano tratto netto vantaggio da questo evolversi degli eventi.

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FREY HOLLAND, UNA RAGAZZA DI NEW YORK

Arriviamo a Frey, la protagonista di Forspoken. Come già accennato in apertura, Frey riesce a sfrecciare ovunque grazie a un sapiente mix tra magia e parkour. Ogni animazione del suo corpo evidenzia un’intenzione. Come si arrampica, come cade, come si spinge in avanti. Qualsiasi azione viene evidenziata da un cambio di postura o dal movimento del corpo. Il tutto, poi, ulteriormente potenziato dalla scelta di design di far indossare un mantello (o un elemento dallo stile simile). In questo modo, infatti, quello che vediamo su schermo è una molla che scatta e che lascia dietro di sé una scia, dimostrando rapidamente anche la direzione verso la quale si sta muovendo il personaggio.

Come se non bastasse, la telecamera valorizza l’azione di Frey, spostandosi di conseguenza, per rendere ancora più leggibile il linguaggio del corpo della ragazza di New York. Capita infatti che il modello 3D di Frey sia spostato in basso a sinistra, dando grande risalto a ciò che c’è in secondo piano e sullo sfondo, facendoci provare al contempo una sensazione di accelerazione. 

Discorso simile, ma differente, per quanto riguarda i luoghi sicuri di Athia. In quel caso Frey smette di correre e, trovandosi in una zona più tranquilla, adatta la propria andatura conseguenza. Questa è una scelta che viene imposta dagli sviluppatori con lo scopo di dare il giusto peso alla psicologia della ragazza e al racconto. Forspoken, infatti, vive di momenti rapidi alternati a sezioni più lente, dove empatizzare maggiormente con la sua protagonista. Insomma: se quando esploriamo il magico mondo di Athia siamo noi stessi Frey, in questi momenti siamo al suo fianco e la seguiamo quasi come se fossimo dei cameraman.

Forspoken

L’IMPORTANZA DELLA TECNOLOGIA

Ciò su cui vogliamo riflettere è come spesso si faccia riferimento alla componente tecnica dei videogiochi solo per indicare la mole poligonale, le texture o il comparto sonoro. La verità, però, è che la tecnologia è comunque al servizio della narrazione e dello storytelling. Magari lo fa in modo diverso rispetto alla scrittura o alla concept art, ma lo scopo è sempre e comunque quello di “raccontare” qualcosa al proprio pubblico.

Forspoken, da questo punto di vista, riesce nell’impresa di risultare appagante e soddisfacente. La dimostrazione di come le animazioni siano state curate per valorizzare l’esplorazione e, di conseguenza, l’atteggiamento di Frey nei confronti dell’ambiente che la circonda. 

E voi che cosa ne pensate? State giocando a Forspoken, oppure pensate di recuperare il titolo in futuro? Fatecelo sapere con un commento qui sotto o, se preferite, venite a raccontarci la vostra opinione sul canale Twitch di BadTasteItalia.