La violenza, la velocità, la furia e l’azione che nel cinema più commerciale sono sinonimo di vitalità e gioia di esistere, in Mad Max: Fury Road (che commerciale lo è al cubo) diventano invece strani parenti di un istinto di morte e una prossimità con l’annichilimento solari e positivi.

La stessa esaltazione che nei migliori film d’azione contamina il delirio esplosivo e cinetico delle sequenze a perdifiato, George Miller la dilata lungo 2 ore, fino a diventare sinonimo di disperazione, desolazione e annullamento umano. L’azione non come scelta risolutiva o potenza carismatica, ma come condanna.
Contrariamente a quanto siamo abituati in questo sensazionale film che pare girato tutto d’un fiato in una ripresa e un giorno soli (tanto acchiappa lo spettatore come un cavo riavvolto ad alta velocità), la forza visiva e l’intensa azione sono usate non per affermare una gioia quanto per disperarsi della perdita. Si tratta forse del colpo più forte di tutta...