Carol
di Todd Haynes
5 gennaio 2016
Da diversi anni sembra l’unico anfratto di cinema in cui è ancora possibile girare melodrammi, cioè film che abbiano al loro centro lo struggimento sentimentale di due corpi che si desiderano ma sono tenuti in scacco da due menti vittime di condizionamenti esterni, sia il cinema omosessuale. Registi omosessuali, sceneggiatori omosessuali o storie omosessuali, o ancora tutto questo insieme come per Carol (ma già Brokeback Mountain lo era) sono ad oggi il baluardo più sincero e onesto del contrasto che da sempre esiste al cinema tra desiderio carnale e inibizioni razionali, le uniche condizioni in cui questo prende il centro del palco invece di essere un contorno.
È lo stesso motivo per il quale per fare un melodramma oggi è necessario un contesto che non sia quello quotidiano, una condizione fuori dal normale che per l’appunto riporti al centro di tutto questo contrasto. Gli anni ‘50 e ‘60, la società conformista e le regole bigotte del periodo d’oro del melodramma rimangono per questo ...
Immerso in un'idea di cinema oggi difficilissima da realizzare, Carol cerca tramite il corpo di Cate Blanchett di tenere in vita un genere (forse) morto
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