È dall’inizio degli anni ’80 che il travaso di comici televisivi al cinema è un’abitudine, dai tempi di Benigni, Verdone, Troisi e dei Giancattivi. Negli anni si sono create una serie di consuetudini in materia dalle quali oggi non si può scappare. Il comico televisivo che fa un film ne deve essere per forza anche regista (sebbene quasi sempre non abbia molta fantasia in materia), deve realizzare una commedia in cui le battute siano verbali e tutte intorno a lui, mai non nell’intreccio, e nella quale egli stesso sia il motore di una storia romantica con una controparte esageratamente bella (specie considerato che il comico spesso è bruttino).

Maccio Capatonda evolve e interrompe al tempo stesso questa consuetudine con un film di certo non straordinario ma di grande rottura e davvero capace di dire qualcosa con il suo divertimento.

Appartenendo ad un’altra generazione Capatonda si presenta come videomaker, un autore di video più che di gag televisive, e com...