Vista la musica che oscilla tra charleston, dixieland e manouche, l’ambientazione anni ’20 e il gusto di un certo umorismo sulla religione come sempre sarà piacere di molti misurare quanto Woody Allen sia stato all’altezza di Woody Allen, quanto cioè si sia dimostrato in linea con l’immagine che abbiamo dei suoi film o quanto se ne sia distanziato. Magic in the moonlight invece, nonostante i suoi dialoghi con entrambi i parlanti in campo, le sue prospettive con il punto di fuga fuori dallo schermo, le sue camminate e la passione per un certo tipo di spettacolo d’altri tempi è, ancora una volta, un nuovo approdo per Allen. Di certo non lontanissimo dal suo stile ma contemporaneamente pieno di novità.

Questa volta le coordinate visive e qualche sparuto dialogo sembrano davvero gli unici bastoni con cui puntellare il film a venire dal suo arsenale, per il resto la sostanza di questa commedia romantica affonda le radici in un bacino da cui raramente il regista...