Un bambino dice di aver trovato Cristo, di averlo trovato proprio dentro di sè, lo dice con voce fuori campo mentre si fa martellare dei chiodi sui palmi delle mano con un sasso. È El Cristo Ciego.

Diversi anni dopo la stessa persona gira il Cile più povero, predica la tolleranza e cerca di tirare fuori il meglio dalle persone, racconta storie per spiegarsi, battezza e raccoglie consensi e insulti in pari numero. Il film di Christopher Murray da un inizio così folgorante (con un protagonista così vuoto che sembra davvero il genere di dimesso interprete della volontà divina che le scritture tramandano) lentamente lungo tutta la sua durata si spegne, verso un finale mesto, non prima di essere passato attraverso un’umanità ai margini da tutto, priva di speranza ma bisognosa di ogni cosa, senza che davvero questa parabola di vera o presunta cristologia riesca a mostrare qualcosa all’altezza del contrasto che mette in scena tra carne e spirito. Addirittura, in un momento che qua...