Su Storia di un Matrimonio di Noah Baumbach (disponibile dal 6 dicembre su Netflix) pende una questione ancora irrisolta dalla Mostra del Cinema di Venezia, dove il film fu presentato in concorso. Fin dall’inizio, cioè fin dalla prima proiezione, ha riscosso pareri positivi ed era considerato uno dei candidati principali ad un premio, se non altro uno ad uno dei due attori protagonisti, ma ad un certo punto è stato chiaro che sarebbe andata come è andata, ovvero zero premi per il film. La voce più insistente, accreditata e confermata da più parti, è che il film fosse ritenuto sessista dalla presidente di giuria Lucrecia Martel.

In questi giorni Baumbach è passato per Roma come parte di un tour di presentazione del film ai giurati dell’Academy di ogni singolo paese, i quali lo vedranno in proiezioni a loro dedicate. Abbiamo avuto la possibilità di intervistarlo in una roundtable ed è stata l’occasione per chiedergli se quel giudizio di Settembre potrebbe pesare nella corsa ai premi americani di Febbraio. Alla domanda Baumbach ha fatto intendere con una battuta di sapere già di questo dietro le quinte (“Ah davvero!? Mi giunge come una notizia nuova” ha detto ironicamente) e poi ha precisato: “La donna senza testa [titolo di un film di Lucrecia Martel ndr], era lei la presidente di giuria giusto? Mi è piaciuto davvero molto quel film. Non credo la cosa avrà ripercussioni e inoltre se sto dando fastidio a qualcuno è la conferma che sto facendo la cosa giusta”.

Il film racconta la storia di un divorzio, la cronaca di come due persone si possano fare la guerra senza che il sentimento che esiste tra di loro scompaia e contiene una delle scene di litigata più forti, clamorose e dure che si ricordino. Come l’avete realizzata?

“Quello che hai visto era bene o male tutto sceneggiato, c’è stata pochissima improvvisazione, un po’ come tutto il resto del film. Prendeva 11 pagine e l’abbiamo girata in 2 giorni pieni. È stato necessario prima un periodo di prove in uno spazio neutro perché Adam e Scarlett prendessero confidenza con il linguaggio e ci si abituassero, considera che anche le parti in cui si parlano uno sull’altro erano sceneggiate e c’è una musicalità precisa che richiede molta pratica. Poi siamo andati nel luogo in cui avremmo girato (con una sola videocamera trallaltro). Il vantaggio è che io già sapevo come l’avrei montata, sapevo esattamente su quali battute avrei staccato, quindi gli facevo fare certi movimenti per dare maggiore impatto al montaggio. E quando a degli attori fornisci una struttura così rigida non li blocchi. Anzi. Come vedi alla fine la scena sembra improvvisata”.

Due giorni per girarla?? Ma non è massacrante?

“Sì lo è. Anche perché devi considerare che nonostante la girassimo a pezzi è tutta in crescendo e proprio quel crescendo e il punto in cui si arriva alla fine è così importante che quando sei lì non puoi riprendere da metà o dalla fine, per fare in modo che ci arrivino ad ogni ciak devono riprendere dall’inizio e costruire il crescendo. Ne sono uscito massacrato anche io solo per il fatto di stare lì con loro. Ci prendevamo delle pause, facevamo lunghe camminate per un po’ d’aria. Ma io ritengo che molte altre scene del film abbiano questo tipo di carica”.

La storia è sempre stata come l’abbiamo vista? Ci sono stati cambiamenti tra le varie bozze della sceneggiatura?

“Non direi. Il cambiamento principale è avvenuto solo tra la prima e la seconda bozza. Avevo scritto molte scene che deviavano dal processo di divorzio e ad un certo punto ho capito invece che se rimanevo dentro alla storia di matrimonio era meglio. C’erano delle scene con i loro amici o altre persone che si schierano con uno o con l’altro ma alla fine mi sembravano sempre deviazioni spurie, non necessarie. Tirarle via per tenere il film su quel binario è stata la vera trovata e il vero cambiamento”.

È stato complicato arrivare alla scelta di questi due attori?

“Adam ce l’avevo in mente da prima che scrivessi anche solo il primo appunto sul film, è la terza volta che lavoriamo insieme e della storia gliene avevo parlato spesso. Lui insomma era proprio parte di quelle conversazioni ed entrambi abbiamo adorato da subito l’idea di Scarlett che avevo conosciuto un po’ di anni prima e ho subito contattato. Tutto prima ancora di scrivere il film e la cosa mi ha molto aiutato, intendo avere loro due e anche Laura Dern in mente mentre scrivevo, me li immaginavo e mi davano idee per le scene”

Ad esempio?

“Il monologo lungo di Scarlett dall’avvocato. Scriverlo pensando che l’avrebbe interpretato lei mi ha dato fiducia nel provare qualcosa di grosso e difficile. In passato probabilmente l’avrei scritto e poi magari ne avrei usato alcune parti in vari punti del film, invece così è proprio un momento che conta molto di più per come è detto che per quello che viene detto. È il volto di Scarlett a darmi molto”.

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