Dopo Il buono, il brutto, il cattivo, un altro film cult passa sotto il vaglio dello storico Garry Adelman. Anche Balla coi lupi, western diretto e interpretato da Kevin Costner, è ambientato durante la Guerra Civile americana e, all’inizio della storia, vediamo il protagonista, ferito ad una gamba durante sanguinoso conflitto, che decide di buttarsi tra le linee nemiche.

Parlando della rappresentazione del campo di battaglia, lo storico sottolinea:

Se mi trovo in un campo aperto, sarei felicissimo di avere metà del mio corpo coperto dalle doghe di una recinzione. Preferirei un grosso masso, non fraintendetemi, ma mi accontenterò di qualsiasi cosa che mi dia più possibilità di vivere e che dia alle mie truppe maggiori possibilità di respingere il nemico.

Una volta capita la portata delle armi, queste possono essere straordinariamente precise, ma colpire lateralmente un bersaglio in movimento probabilmente non è facile per nessuno, tranne che per i migliori tiratori. Certamente è possibile, ma è improbabile, che possa farcela attraverso una tale tempesta di proiettili. Avrebbero potuto colpire [il personaggio di Costner] mentre riposava; era sicuramente a portata di moschetto in quel momento, ma la Guerra Civile ha prodotto centinaia di esempi di pensiero come “quell’uomo è troppo coraggioso, non sparategli”, quindi c’erano gentilezza e onore.

È però nella scena dell’amputazione della gamba che lo storico riscontra le maggiori criticità di Balla coi lupi, che ripropone una credenza diffusa, ma non corretta:

Uno dei più grandi miti della Guerra Civile è che i chirurghi della Guerra Civile segano le ossa delle persone senza alcun tipo di antidolorifico e senza alcuna preparazione mentre i pazienti urlano durante le loro operazioni, mordendo solo un proiettile o un bastone o qualcosa del genere. E questo semplicemente non è vero. La maggior parte delle amputazioni veniva effettuata con l’uso di morfina o etere, un antidolorifico notevole che consentiva ai chirurghi di preparare accuratamente l’amputazione tagliando via il muscolo, lasciando un lembo di pelle e poi segando l’osso con una sega così affilata da non richiedere molto tempo. L’amputazione era l’intervento chirurgico più comune impiegato durante la Guerra Civile per una buona ragione. I chirurghi dell’epoca non erano in grado di gestire le complessità delle ferite interne al tronco, ma era possibile trasformare una ferita alle estremità in qualcosa da trattare almeno con l’amputazione.

Potete vedere l’intervista completa qui sotto:

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FONTE: YT

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