Il Bad Movie della settimana è Godzilla e Kong: il nuovo impero, al cinema dal 28 marzo.

metropolis

Premessa

È tutta colpa dello scontro tra Superman e il Generale Zod ne L’uomo d’acciaio, anno 2013. Dopo quello showdown che quasi disintegra Metropolis, il cinema non è più lo stesso. Quei due alieni che distruggono palazzi mentre se le danno di santa ragione, sono in tutto e per tutto somiglianti a noi esseri umani. Troppo somiglianti. Parte un dibattito infinito sulle vittime collaterali che mai ha riguardato il cinema fino a quel momento. Perché prima del 2013 ce ne fregavamo? La domanda che tiene banco è: può una produzione cinematografica essere responsabile di una catastrofe su grande schermo in cui perdono la vita migliaia di persone senza una dovuta reazione al dramma collettivo all’interno del testo? Si può offrire oggi uno spettacolo del genere alle sempre più sensibili platee occidentali? È possibile che sopratutto il giovane pubblico veda quelle distruzioni metropolitane compiute da figure antropomorfe? La polemica si scatena dentro le trame di questi stessi kolossal del genere superhero movie tratto dal fumetto. Sia dentro la Dc Comics (Batman osserva quello scontro distruttivo tra Superman e Zod dalla limitrofa Gotham City e comincia ad odiare Superman per l’indifferenza aliena che ha mostrato nei confronti dei danni collaterali che lui invece deciderà di rappresentare) che dentro la Marvel (lacerazione in seno agli Avengers dopo la Battaglia di New York con Tony Stark che accetterà anni dopo che i supereroi vengano controllati dai governi dopo gli accordi di Sokovia anche per via del suo PTSD dopo l’invasione di Chitauri fermati con devastazione cittadina in quel di Manhattan).

uomo d'acciaio

Da quel 2013 è impossibile non vedere un film di produzione statunitense che non si ponga “quel” problema dei danni collaterali con la necessità di enfatizzarne la comunicazione così come fa anche Robert Rodriguez con la teen adventure We can be heroes (2020). Anche in quel film per bimbi c’è grande attenzione a ricordare come non si possa più realizzare una carneficina senza pensare alle tante vittime. È finito il piacere liberatorio del cinema pop di vedere i nostri monumenti storici venire spazzati via? I simboli della nostra cultura venire cancellati in un secondo netto? No. C’è un genere cinematografico dove grazie a delle bestie titaniche, anche detti kaiju, tutto ciò può rimanere in auge. L’importante è che chi demolisce le nostre città non sia più una figura con due braccia e con due gambe. Se si tratta di Godzilla o King Kong ben venga dunque. Anzi se ci sono loro due nel film, le nostre metropoli possono liquefarsi davanti ai nostri occhi con un cinismo ben maggiore rispetto al tanto criticato approccio del povero Zack Snyder mostrato nello showdown de L’uomo d’acciaio. Parliamo ovviamente del Monsterverse e di come esso abbia continuato la mattanza e umiliazione del genere umano attraverso ferite pubbliche e sfregi in diretta televisiva. Come quando qualcuno trasforma il Colosseo di Roma nella sua cuccia personale, dormendo e facendo i propri comodi dentro quell’Anfiteatro Flavio da 50 mila posti costruito tra il 70 e l’80 d.C. Ma vediamo tappa per tappa il volume di queste mostruose devastazioni attraverso la progressione del Monsterverse.

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Godzilla (2014) di Gareth Edwards

Il Monsterverse nasce proprio un anno dopo i fattacci di Metropolis. Dopo i bellissimi titoli di testa crittati stile Monarch, il cosiddetto lucertolone cattivo Godzilla si risveglia al minuto 36, calpesta il suolo di un aeroporto, provoca uno tsunami a Honolulu e va a fronteggiare due amanti giganteschi che sembrano spillatrici con le zampe anche detti MUTO. Effettivamente nessuno fiata una singola parola di protesta stile Dc o Marvel quando i mostroni sventrano Las Vegas con You’re the Devil in Disguise di Elvis come sottofondo comico o come quando la Torre Eiffel viene spazzata via a Parigi. Sia gli abitanti del Nevada che i Francesi, appunto, muti. Nessuno li sente lamentarsi quando assistiamo allo scontro finale nella San Francisco Bay tra Godzilla e i MUTO (sono diventati due e si baciano con passione tra i grattacieli). Il Golden Gate? Va giù in un nonnulla nonostante Godzilla provi ad acchiapparne una giuntura. Chinatown? È dove i MUTO hanno deposto le uova. La colluttazione è durissima, Godzilla si capisce col passare dei minuti che è il meno peggio rispetto ai MUTO e quando vediamo il lucertolone atomico stremato dalla lotta accasciarsi tra le rovine schiacciando e distruggendo quel poco che era rimasto in piedi, nessuno protesta perché l’energumeno ha rovinato una piscina comunale o ha finito di demolire un parcheggio.

Noi giornalisti lo definiamo “King of the Monsters” (tutto il Monsterverse è una gara tra i kaiju a chi è più “re” o “dio” o “regina”) o anche “salvatore della città”. L’umanità chiude il film avendo capito una cosa: se sono dei kaiju a radere al suolo tutto… non parte nessun dibattito sui danni collaterali.

Né dentro i film né fuori dai film.

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Kong: Skull Island (2017) di Jordan Vogt-Roberts

È il film del Monsterverse ambientato nel passato. Si gioca quindi con la nostalgia del Vietnam Movie prendendo come base l’archetipico Apocalypse Now (1979). Siamo sempre e solo a Skull Island nel 1973. Prima abbiamo avuto un assaggio di Washington nel panico per via delle proteste politiche dei manifestanti. Il Randa di John Goodman dice che la capitale Usa non sarà mai più così in mezzo al caos e noi dall’ottica 2024 ridacchiamo non poco perché ci ricordiamo il tentato golpe di Capitol Hill del 6 gennaio 2021 in cui noi Europei abbiamo visto allibiti degli statunitensi attaccare la sede del Congresso degli Stati Uniti d’America, nonché il loro parlamento federale, vestiti come dei personaggi usciti dalla saga fantapolitica The Purge. La coalizione multinazionale Monarch è nata nel 1946 per studiare i kaiju per volere del Presidente Truman (quello che dà del piagnucolone ad Oppenheimer nel film di Nolan). Nel film siamo solo noi esseri umani che distruggiamo tutto, non certo l’adorabile scimmione Kong (Godzilla si è inabissato dopo aver massacrato gli amanti criminali MUTO) che ci darà una mano a impedire che gli strisciateschi invadano il mondo da Skull Island. “Se venite a Chicago… cercatemi” dirà l’Hank Marlow di John C. Reilly agli indigeni Iwi con cui ormai ha fatto amicizia. Lui tornerà nel nostro mondo. Gli Iwi rimarranno a Skull Island ad adorare Kong. “È il Dio di quest’isola” si dirà del ragazzone peloso. Ma sentiremo anche: “Kong non è l’unico Re”, frase che non lascia presagire niente di buono.

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Godzilla: King of Monsters (2019) di Michael Dougherty

Qua succede veramente di tutto. È il film del Monsterverse più incasinato, ambizioso e rifiutato dentro il canone (387 milioni di dollari incassati nel mondo: il peggiore dei 5). A 5 anni dai fattacci di San Francisco la Monarch è “ritenuta responsabile” di quella carneficina. Ma a differenza di Marvel o DC Comics, non c’è nessuno con cui prendersela. Tony Stark, Superman e Batman, in un modo o nell’altro, fanno parte del dibattito sociale. Stark è pronto anche all’autocritica mentre quel lucertolone dagli occhi piccoli e alito atomico blu cobalto sono 5 anni che si è di nuovo immerso negli oceani e chi s’è visto, s’è visto. Questo è il film del Monsterverse più pazzoide e amante dello sterminio. Il concetto base è: noi esseri umani facciamo schifo mentre i mostroni kaiju no. Loro: “Forniscono un equilibrio essenziale al nostro mondo”. La Monarch deve capire quali titani siano qui per essere “benevoli” (parola usata dal Dr. Ishirō Serizawa per descrivere Godzilla) e quali siano qui per distruggerci, mentre vogliono mettere l’agenzia sotto giurisdizione militare. Sentiremo frasi come: “Un tempo questo mondo era loro”.

Siamo in un pieno complesso di colpa tipico di noi occidentali. Una scienziata estremista probabilmente delusa dall’élite mondiale che si scanna senza vedere il problema più grosso (la nostra estinzione), si allea con ecoterroristi più eco che terroristi (li guida Charles Dance il quale spara in testa alle persone ma è anche educato) per risvegliare “17 titani” e affidare loro la risoluzione di tutti i problemi ecologici, geopolitici ed esistenziali che affliggono l’umanità. Un piano così folle e scombiccherato da far sembrare Thanos come un ragazzo pacato e tutto sommato riflessivo. Infatti succede un casino, i titani escono dai loro “outpost”, si comincia sempre di più a teorizzare la Terra Cava (“tunnel subacquei come condotti spaziotemporali”) mentre Godzilla dovrà sfidare “un rivale alpha” anche detto “mostro zero”. Stavolta la catastrofe tocca Isla de Mar in Messico dove la popolazione di 11,125 subirà una brusco ridimensionamento.

Attenzione che c’è la notizia mai però verificata dal Monsterverse: “dovunque vadano i Titani la vita li segue, innescata dalle loro radiazioni”. Eureka! È così che il cinema blockbuster può risolvere il dibattito lancinante che ha coinvolto Dc e Marvel? Catastrofe = Resurrezione? Ma non laica e secolarizzata come la faccia di The Rock quando alla fine di San Andreas (2015), ambientato anch’esso a San Francisco, pronuncia la battutona post-11 settembre: “Noi ricostruiremo”. Il futuro post devastazione compiuto dai titani, si sostiene in questo film porti dei veri e propri benefici lampanti e forse inquadrabili anche se saranno sempre di più le pagine di giornali o i titoloni degli articoli, che non delle chiare sequenze, a raccontarcelo propriamente. “Mi dispiace Madison: questa cosa è più grande di me e di te” dice Vera Farmiga a Millie Bobby Brown nei panni della scienziata pure mamma che vuole farci massacrare dai titani per permettere alla Terra di sopravvivere a “sovrappopolazione, inquinamento e guerre”.

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I ragazzacci che si librano e “uccidono tutti nel raggio di 3.2 km” saranno in questo film il drago a tre teste Mostro Zero (poi si scoprirà essere l’alieno Ghidora con la scienziata che lo disconoscerà perché extraterrestre), l’uccellaccio Rodan e la falena che si sacrifica Mothra (meno con gli occhi da gatta rispetto all’ultimo film). Nel mondo succede il panico con Mosca e Londra colpite, Washington sommersa dalle acque, Il Cairo rasa al suolo, Monaco di Baviera ridotta a un cumulo di macerie e Boston interamente sventrata con i palazzi che letteralmente si sciolgono quando Godzilla sfida Ghidora. È sempre importante in questi film catastrofici vedere un simbolo della città coinvolto nella drammatica escalation. Nel caso di Boston si vede la statua dell’eroe dell’indipendenza Paul Revere non più in tutta la sua magnificenza ma distrutta e malmessa. Godzilla ce l’ha fatta anche questa volta, ha eliminato il concorrente e ha portato tutti gli altri titani ad inginocchiarsi.

Ma la notizia più assurda è che aveva ragione la scienziata terrorista interpretata da Farmiga: dopo che i titani ci massacrano, arrivano dei concreti benefici. Nuove foreste nel deserto del Sahara, ripopolazione ittica nel Pacifico, ricrescono giungle in Amazzonia mentre Scilla (che verrà sconfitto fuori campo da Godzilla nel nuovo film e non capiamo perché) ferma lo scioglimento dei ghiacci in Antartide, spariscono le specie in via di estinzione e, dulcis in fundo, si scopre che le feci dei titani possono offrire nuove fonti di energia puliti. Beh… ne valeva la pena di essere quasi annichiliti. E qui arriviamo al bandolo della matassa: con il Monsterverse non solo è accettata la catastrofe cinematografica dove moriamo come mosche e i nostri simboli vengono spazzati via ma in più, grazie a questo capitolo scabroso, viene esplicato con forza quanto quella distruzione poi faccia bene all’umanità. Peccato che questa intuizione drammaturgica di Max Borenstein, Michael Dougherty e Zach Shields venga poi per sempre messa da parte dopo i risultati commerciali non esaltanti del film.

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Godzilla vs Kong (2021) di Adam Wingard

E arriviamo all’ultimo dittico firmato Adam Wingard, ex regista indy di area horror. Dimenticate tutti i benefici ecologici della violenza dei titani. Questo è il film anticorporation in cui Kong è bloccato nel suo Truman Show visto che lo tengono prigioniero in un biodome costruito appositamente per lui dentro Skull Island. Dopo le conclusioni ambiziose globali del film precedente, qui si vola decisamente più basso e tutto è più piccolo e su scala ridotta. Anche Pensacola, in Florida, quando viene attaccata è rappresentata soprattutto nei suoi quartieri dedicati alla Apex Cibernetics, vera cattivona del film. Godzilla si è risvegliato di nuovo (ma ormai sappiamo che non ha mai intenzioni perfide) mentre Kong impara addirittura il linguaggio dei segni per comunicare con la figlia sordomuta Iwi dell’antropologa Ilene Andrews impersonata da Rebecca Hall. Ci sarà tra Kong e Godzilla la solita scazzottata equivoco, stavolta su una portaerei, prima della consueta stretta di zampa finale dopo aver massacrato insieme l’orrido Mechagodzilla partorito dalla Apex Cibernetics. Città rasa parzialmente al suolo? Honk Kong in cui si svolge una lotta greco-romana tra grattacieli al neon dove i titani distruggono ponti e schiacciano strade e piazze.

Godzilla e Kong: il nuovo impero

Godzilla e Kong: Il Nuovo Impero (2024) di Adam Wingard

Ultimo capitolo. L’emblema della nostra inferiorità umanoide, per non dire proprio insignificanza, rispetto a questi giganteschi kaiju. Godzilla, con la cresta rosa in omaggio a Barbie, all’inizio del film fa la sua cuccia al Colosseo di Roma dopo aver già calpestato Piazza Navona e cancellato il Vittoriano (anche il fantascientifico The Core con Aaron Eckhart lo distruggeva 21 anni fa provocando sempre commenti ironici in molti di noi romani perché non è uno dei monumenti più “organici” nella città eterna). Ha demolito pure Ponte S.Angelo. Pare che Godzilla abbia fatto fuori Scilla (quello che aveva fermato lo scioglimento dei ghiacci nel film precedente? E perché mai toglierlo di mezzo?!) e mentre Kong si diverte a esplorare la Terra Cava giù nel cuore del nostro pianeta, il nostro Godzilla è a fare casino al piano di sopra, sul suolo terrestre. Ma attenzione: mentre le organizzazioni intergovernative, per non parlare dei capi di governo, facevano sentire il fiato sul collo ad Avengers & Co. per via dei famosi danni collaterali, in questo caso si sente la derisione della comunità internazionale nei confronti del governo italiano imbestialito dalla bestia che usa Roma come toletta. “Gli italiani devono trovarsi un altro capro espiatorio” si dirà beffardamente delle nostre rimostranze. Certamente vedere Godzilla che va a dormire dentro il Colosseo strusciando incurante le pareti dell’anfiteatro con le sue zampone fa molto ridere. Ma effettivamente quale governo potrebbe interloquire, facendosi rispettare, con simil kaiju?

E allora ecco il nuovo capitolo del confuso ma a suo modo accattivante Monsterverse: soliti equivoci che vedono coinvolto Godzilla (che in quanto lucertola sconta sempre il fatto di essere superficialmente considerato più infingardo e imperscrutabile rispetto a quel carismatico scimmione); soliti esseri umani piccolini & sudaticci; solito scontro finale in cui Godzilla e Kong si alleano prendendo a mazzate qualcun altro. Per evitare i problemi di un mondo in costante ricostruzione dal lontano 2014, i realizzatori hanno deciso di concentrarsi dentro la Terra Cava, mondo dentro il mondo con sottosuolo ancora tutto da scoprire. Lì si può distruggere qualsiasi cosa senza che nessun sindaco o amministratore locale si lamenti.

Conclusioni

5 film dentro il Monsterverse più due serie tv intitolate Skull Island e Monarch: Legacy of Monsters. Dal 2014 al 2024 sono passati dieci anni e, a detta dei film, risvegliati 17 titani che hanno fortemente danneggiato quando non proprio disintegrato: San Francisco, Honolulu, Las Vegas, Parigi, Isla de Mara (esiste solo nel Monsterverse), Mosca (chissà Putin come l’ha presa), Londra, Washington, Phoenix, Il Cairo, Monaco di Baviera, Boston, Honk Kong. Ironia? Dalle immagini che abbiamo visto in Godzilla e Kong: Il Nuovo Impero… forse è proprio Roma quella che ne esce meglio. D’altronde quale animale che si rispetti distruggerebbe la sua cuccia?

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