Killers of the Flower Moon, il nuovo film di Martin Scorsese, è arrivato nei cinema e nonostante il regista abbia parlato più e più volte di come il lungometraggio sia stato riscritto tenendo maggiormente conto del punto di vista dei membri della Nazione Osage anche grazie all’ausilio di consulenti della comunità di nativi americani (ECCO TUTTI I DETTAGLI), pare esserci anche chi, come l’attrice nativa americana Devery Jacobs (vista in Reservation Dogs), tutto questo occhio di riguardo non l’ha visto.

In un lungo thread su X, l’ex Twitter, l’attrice ha elencato tutto quello che non ha apprezzato in Killers of the Flower Moon, in primis la rappresentazione dei violenti omicidi, realmente accaduti, ai danni degli Osage all’inizio del novecento, che, a suo dire, al posto di sensibilizzare su quanto avvenuto, finisce per avere un disumanizzante effetto opposto:

Ho dei pensieri in merito. Provo sentimenti molto forti per questa cosa.

Guardare questo film è stato un vero e proprio inferno. Immagina le peggiori atrocità commesse contro i tuoi antenati e poi di dover assistere a un film completamente focalizzato su di esse, con l’unico momento di “respiro” costituito da scene di 30 minuti in cui uomini bianchi assassini parlano e pianificano gli omicidi.

Va notato che Lily Gladstone è davvero sublime e ha recitato nei panni di Mollie con un’enorme grazia. Tutti gli incredibili attori indigeni sono stati l’unico fattore salvifico di questo film. Date a Lily il suo dannato Oscar.

Ma mentre tutte le performance erano davvero degne di nota, se ti soffermi sulle proporzioni (dello spaazio dato ai vari personaggi, ndr.), ogni personaggio Osage sembrava dolorosamente sotto-sviluppato, mentre agli uomini bianchi è stata concessa molta più attenzione e profondità.

Ora, posso capire che la regia di Martin Scorsese sia coinvolgente dal punto di vista tecnico e vedere $200 milioni spesi per un film portato sul grande schermo sia coinvolgente e spettacolare. Capisco che l’obiettivo di questa violenza sia aggiungere un valore scioccante brutale che costringa le persone a comprendere gli orrori reali accaduti a questa comunità, MA non mi pare che a queste persone molto reali, esistite davvero sia stato reso onore o dignità nella spaventosa rappresentazione delle loro morti. Al contrario: credo che mostrare tutte queste donne native assassinate sullo schermo normalizzi la violenza commessa contro di noi e ci deumanizzi ulteriormente.

(E per coronare il tutto vedere come i cinefili celebrano e si godono questa roba mi fa male allo stomaco.)

Non posso credere che sia necessario dirlo: i popoli indigeni esistono oltre il nostro dolore, la nostra trauma e le atrocità che abbiamo subito. Il nostro orgoglio per essere indigeni, per le nostre lingue, culture, gioia e amore sono molto più interessanti e umanizzanti che la spettacolarizzazione degli orrori inflitti su di noi dai bianchi.

Questo è il problema quando ai registi non nativi viene data la libertà di raccontare le nostre storie: finiscono per mettere al centro la prospettiva bianca e si concentrano sul dolore delle persone native.

Per le comunità Osage coinvolte nella creazione di questo film: posso immaginare quanto catartico sia stato vedere finalmente riconosciute queste tragiche storie, specie tramite una forma d’espressione così prestigiosa come questo film. C’è stato un lavoro bellissimo fatto da così tanti Wazhazhe (il modo in cui gli Osage si riferiscono a sé stessi, ndr.) su questo progetto.

Ma sinceramente preferirei vedere, in qualsiasi momento della settimana, un film da $200 milioni fatto da un regista Osage che racconti questa storia.

E mi dispiace, ma la scelta di Scorsese di concludere con una ripresa di danze e tamburi Ilonshka? Non assolve il film dal dipingere le persone native come vittime impotenti senza voce in capitolo.

Riposino in pace Mollie, Anna, Minnie, Rita e tutti gli altri Osage molto reali che sono stati uccisi per avidità. Rispetto per i numerosi Osage di oggi, le cui storie familiari sono state segnate da queste atrocità. Il dolore è reale e non si limita alle 3 ore e 26 minuti del film.

E un enorme “Vaffan*ulo” ai veri abitanti bianchi dell’Oklahoma, che ancora oggi portano e traggono vantaggio da questi diritti d’uso insanguinati.

Tutto sommato, dopo 100 anni di rappresentazioni delle comunità indigene nei film, è davvero questa la rappresentazione di cui avevamo bisogno?

#KillersOfTheFlowerMoon

Killers of the Flower Moon è nelle sale italiane dal 19 ottobre.

Trovate tutte le informazioni sul film nella scheda!

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FONTE: X

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